Sorini sommersa dai debiti, 107 dipendenti senza un futuro

L’azienda è pronta a tagliare il 30% degli operai di Pier Giorgio Ruggeri

La fabbrica dolciaria Sorini fondata nel 1915 e ora travolta dai debiti

La fabbrica dolciaria Sorini fondata nel 1915 e ora travolta dai debiti

Castelleone (Cremona), 13 maggio 2015 - Nulla di fatto, né davanti al giudice né davanti ai sindacati, con l’azienda ancora in bilico e nell’incertezza sia su come affrontare il futuro, sia su cosa fare dei 107 dipendenti in forza alla Holding dolciaria italiana, titolare del marchio Sorini, la celebre azienda dolciaria italiana che proprio quest’anno compie cento anni. Una situazione che il vecchio Fausto Sorini, farmacista di Castelleone con l’hobby dei dolci, mai si sarebbe immaginato quando, nel 1915, aveva fondato la sua azienda, dopo aver inventato la famosa caramella Rabarbaro. Lunedì l’azienda, oggi di proprietà della famiglia cremonese Lameri, che ha mantenuto il brand Sorini e acquisito anche il marchio Feletti, era davanti al giudice di Cremona al quale avrebbe dovuto rivelare l’ammontare dei debiti e la situazione attuale dell’azienda.

Invece i responsabili hanno chiesto ancora un paio di settimane per rivedere i conti e avere una situazione più esatta e chiara. Stessa scena ieri pomeriggio alle 15 davanti ai sindacati, convocati per ascoltare le proposte dell’azienda e concordare il da farsi. Anche qui la richiesta è stata di un rinvio a fine mese. Tuttavia, nessuno nega che l’azienda è in grame acque ormai da tempo. Negli ultimi due anni è stato dato fondo a tutte le risorse per cercare di sanare una situazione che dovrebbe parlare di un debito con le banche che ammonta a 18 milioni di euro, cifra non ancora ufficializzata. I sindacalisti Maurizio Bertolaso (Cgil) e Alessandro Cerioli (Cisl) si sono ancora una volta trovati di fronte a un rinvio.

«All’inizio della crisi – riferisce Bertolaso – i dipendenti dell’azienda castelleonese erano circa 140. Quando si è capito che i problemi diventavano grandi abbiamo cercato di incentivare alcune uscite. Una quindicina di dipendenti è andata via entro la fine dello scorso anno per usufruire dei tre anni di mobilità previsti dalla legge. In questo modo qualcuno è arrivato in pensione e altri si sono avvicinati. Altri dipendenti hanno trovato diversa collacazione, ma oggi siamo ancora in 107 che attendiamo di capire quel che l’azienda vuole fare». E, a quanto pare, le strade sarebbero solo due. La prima parla di una ricontrattazione del debito con le banche per raggiungere il risanamento, mentre la seconda parla di un nuovo socio che dovrebbe entrare e portare denaro liquido. Tutte e due le strade, comunque, passano attraverso un taglio dei dipendenti che potrebbe essere anche molto doloroso e arrivare, se non superare, alla dimissioni del 30% del personale oggi in forza all’azienda.