Giallo di Marcheno: "Chiusura della fabbrica dispiace ma non è imputabile all’inchiesta"

Parla il procuratore capo di Brescia. Arriva la proroga per le indagini

Il procuratore capo  di Brescia Tommaso Buonanno con il colonnello Giuseppe Spina a Marcheno

Il procuratore capo di Brescia Tommaso Buonanno con il colonnello Giuseppe Spina a Marcheno

Brescia, 7 ottobre 2016 - Domani, un anno. Un anno dalla scomparsa di Mario Bozzoli, l’imprenditore di Marcheno di cui si sono perse le tracce la sera dell’8 ottobre 2015. «Sono in ritardo, parto e arrivo» le ultime parole dette al telefono alla moglie poco dopo le 19.15 mentre a piedi stava raggiungendo gli spogliatoi della fonderia di via Gritti di cui era titolare insieme al fratello Adelio. Un giallo la cui soluzione appare lontana. «Lo abbiamo detto fin dai primi giorni. Siamo davanti a una indagine molto lunga Se però non avessimo fiducia non faremmo questo lavoro», sottolinea il procuratore capo di Brescia Tommaso Buonanno.

Nelle prossime settimane scadranno i termini per le indagini, ma ai due sostituti procuratori titolari dell’inchiesta - ad Alberto Rossi è stato affiancato il collega Mauro Leo Tenaglia - verrà concessa una proroga. Per gli inquirenti e gli investigatori una cosa è certa: Mario Bozzoli non è uscito dalla sua azienda di Marcheno. «Non lo ha fatto sulle sue gambe» ribadisce Buonanno. Ad oggi gli indagati sono quattro: due operai della fonderia, Oscar Maggi e Aboagye Akwasi, e i due nipoti di Mario Bozzoli, Alex e Giacomo i figli di Adelio. Omicidio volontario e soppressione di cadavere i reati contestati. Se i due dipendenti sono stati interrogati così non è stato per i due nipoti di Mario. «Non è stata sentita la necessità di convocarli», spiega il procuratore capo. Tra gli indagati avrebbe dovuto esserci anche Giuseppe Ghirardini, scomparso una settimana dopo il suo titolare e poi trovato morto nei boschi di Ponte di Legno alcuni giorni dopo.

In Procura si indaga contro ignoti per istigazione al suicidio. «La cosa sicura è che Ghirardini è morto per avvelenamento – ribadisce Buonanno -. Anche per questa vicenda le indagini non sono chiuse. Leggo di consulenze fatte per conto dei familiari di Ghirardini, ma sul tavolo non c’è nulla. In questa vicenda molti hanno detto cose ai giornali che poi però hanno smentito quando sono stati sentiti da noi». Tracce di Mario Bozzoli si cercano negli scarti di lavorazione sequestrati nella fonderia e ora stoccati in una caserma milanese in cui però a breve dovranno essere ospitati centinaia di richiedenti asilo. «Se dovessero essere spostati - sottolinea il procuratore - per noi non ci sarebbero problemi».

La cosa certa nel giallo di Marcheno è che i 15 dipendenti della Bozzoli ora sono senza lavoro: licenziati perché il liquidatore nominato dal tribunale di Brescia non è riuscito a far trovare l’intesa tra soci per individuare un nuovo investitore. «Umanamente dispiace – ammette Buonanno – La chiusura però non è imputabile all’inchiesta. La fabbrica è rimasta sotto sequestro il tempo necessario per le indagini e a gennaio è stata restituita».