Yara, Bossetti incontra i genitori: mamma perché non sei venuta a trovarmi prima?

Un colloquio di un'ora e mezza tra Massimo Bossetti, la madre Ester, il padre Giovanni e la gemella Laura Letizia di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

di Gabriele Moroni

Bergamo, 3 agosto 2014 - «Siamo entrati mano nella mano con mio marito. Abbiamo parlato a nostro figlio. Siamo usciti mano nella mano». Ester Arzuffi ha 67 anni, è provata ma decisa. Con il marito Giovanni Bossetti ha superato la mattinata della verità nel carcere di Bergamo, l’incontro-confronto con Massimo Giuseppe, il figlio in cella per l’omicidio di Yara Gambirasio. Per la prima volta dopo quarantasei giorni il muratore di Mapello incontra i genitori che non vede dal 14 giugno, due giorni prima di essere blindato, e la sorella. Rivede Giovanni, che secondo la genetica per lui è un padre solo anagrafico, mentre quello biologico è l’autista di pullman Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999: Massimo e la sorella gemella Laura Letizia sono nati dalla relazione, extraconiugale per entrambi, di Ester e Guerinoni. L’arrestato rivede anche Laura Letizia. Una devastazione. Un cumulo di rovine. Un inferno familiare. Ma Ester Arzuffi difende allo stremo l’immagine della famiglia del ‘Mulino bianco’. Un lungo abbraccio di Bossetti ai tre familiari. Non ci sono pianti. «Ho trattenuto la lacrime — dice Ester, occhiali scuri, camicetta celeste, jeans — per fargli forza». Giovanni Bossetti ha 72 anni, è gravemente malato. Capelli candidi, camicia color crema, cammina appoggiandosi a un bastone. Una volta all’interno del carcere, ha raggiunto una delle salette del parlatorio su una carrozzina. Si mostra commosso al figlio. Aleggiano il nome, il fantasma di Giuseppe Guerinoni. La risposta è nel tenerissimo abbraccio che Massimo Bossetti scambia con Giovanni: non nutre dubbi, quello è suo padre, il vero, l’unico. Ester fa da portavoce: «Massimo, noi ti crediamo, crediamo nella tua innocenza. Devi essere forte e lasciare che la giustizia faccia il suo corso». Massimo Bossetti ha una domanda per la madre: perché da quando è in carcere non è mai stata a trovarlo? Ester Arzuffi lo rassicura: ogni detenuto ha diritto ogni mese a un certo numero di colloqui, si è preferito dare la precedenza alla moglie Marita. La risposta rassicura il detenuto che si mostra felice quando la mamma gli porta i saluti di alcuni amici.

Il colloquio dura un’ora e mezzo, termina poco prima di mezzogiorno. L’uscita della casa circondariale è presidiata da giornalisti, fotografi, operatori. I tre Bossetti escono su una monovolume Chevrolet guidata dall’avvocato Benedetto Maria Bonomo, legale della famiglia, che ha accanto il fratello Iacopo, anch’egli avvocato. Vetri oscurati, tendìne. Laura Letizia ha preso posto alle spalle del guidatore. Ester e Giovanni sono seduti dietro, divisi da un sedile.  «C’è stata — dice Benedetto Bonomo — commozione e nessun momento di tensione. La famiglia ha potuto vedere finalmente il figlio. La famiglia crede nell’innocenza del figlio. La famiglia è entrata unita ed è uscita unita». Si presentano anche i difensori, Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti. E trovano un uomo incredibilmente sereno.