Il patto occulto e lo yacht svenduto: Ubi Banca, indagine chiusa per 39 persone

Bazoli, Massiah e Pesenti nell’atto che precede la richiesta di processo

Il procuratore Walter Mapelli

Il procuratore Walter Mapelli

Bergamo, 18 novembre 2016 - Un patto occulto per gestire le assemblee e operazioni opache nel settore leasing. La Procura di Bergamo ha formalmente chiuso l’indagine sulla gestione di Ubi Banca. Ci sono nomi eccellenti tra i 39 indagati dal pm Fabio Pelosi sulla gestione della quarta banca italiana, nata dalla fusione tra le banche di Bergamo e Brescia. Tra loro Giovanni Bazoli, come presidente dell’associazione Abpl, la figlia Francesca, l’Ad di Ubi Victor Massiah, Franco Polotti, i bergamaschi Emilio Zanetti, presidente dell’associazione “Amici di Ubi”, il presidente del consiglio di sorveglianza, Andrea Moltrasio, il vicepresidente Ubi, Mario Cera, e l’imprenditore Giampiero Pesenti.

La notifica arriva a conclusione delle indagini avviate nel 2014 dopo la presentazione di alcuni esposti (nel 2012) da parte dell’Adusbef di Elio Lanutti, e dell’allora onorevole Giorgio Jannone (era in lizza con una sua lista per entrare nel salotto buono della banca). Ostacolo alla vigilanza, illecita influenza sull’assemblea in relazione alla capogruppo Ubi, truffa, e inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari, conflitto di interesse e illeciti tributari: queste le ipotesi di reato, tutte riconducibili a vicende riguardanti la controllata Ubi Leasing. La vicenda è riferita al periodo precedente la trasformazione di Ubi in società per azioni. Secondo l’accusa, vi era un patto occulto tra i bergamaschi e bresciani per influire sulle assemblee e sulle maggiori decisioni del gruppo. Immediata la replica di Ubi: «Nel corso della lunga inchiesta della procura di Bergamo Ubi ha sempre fornito agli inquirenti piena e trasparente collaborazione. La banca afferma la correttezza del proprio operato e confida che in tutte le sedi giudiziarie potrà essere confermato l’avvenuto rispetto delle norme di legge e delle regole organizzative».

Di diverso tenore il commento di Jannone: «In questi anni ho subito attacchi di ogni tipo, ma sapevo di avere pienamente ragione. Oggi è il giorno della rivalsa, non mia, ma di tantissime persone e aziende che hanno subito gestioni dinastiche e prepotenti. Ora chiedo a queste persone di fare un passo indietro. Appena saremo pronti, organizzeremo una class-action». Nel dispositivo della procura viene menzionata anche la truffa. È il riferimento è alla vendita di uno yacht di 33 metri, la Beata of Southampton, comprato da Ubi Leasing per 12 milioni di euro, e dato in leasing a un imprenditore toscano, Massimo Crespi, che poi smise di pagare le rate. Cosi Ubi si è ripresa la barca e, dopo averla fatta valutare, l’ha rimessa sul mercato. Siamo nel 2011, il suo valore era sceso a 6 milioni, ma viene venduta venduta per 3,5 milioni. Dopo tanti giri, alla fine lo yatch è acquistato da Silvia Lucchini, figlia di Italo Lucchini, consigliere di sorveglianza di Ubi.