Terrorismo, chiuse indagini sul siriano fermato a Orio

La procura di Brescia ha formalizzato l’accusa nei confronti del siriano fermato allo scalo di Orio con documenti falsi. Decisive le foto con la divisa del Califfato di MICHELE ANDREUCCI

Isis (Ansa)

Isis (Ansa)

Orio al Serio (Bergamo), 22 aprile 2016 - Terrorismo internazionale. E’ l’accusa contestata dalla Procura distrettuale antimafia di Brescia ad Alali Alhussein Ahmad, alias Arhas Faowaz, il 30enne siriano arrestato il 17 novembre dalla polizia di frontiera in servizio all’aeroporto “Il Caravaggio” di Orio al Serio, insieme a un connazionale minorenne (affidato in custodia cautelare al Beccaria di Milano), mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto a Malta con dei passaporti falsi.

Sul suo cellulare erano state trovate delle immagini che lo ritraevano con la divisa della polizia di strada dello Stato islamico e il simbolo dell’Isis su un braccio, oltre che foto del fratello con la divisa nera del Califfato con sullo sfondo uno scenario di guerra e alcuni cadaveri. Gli investigatori bresciani, competenti per questo tipo di reato, hanno chiuso le indagini e hanno notificato gli atti al difensore dell’uomo, l’avvocato Vittorio Plati, del foro di Catanzaro. Intanto, il siriano, dopo un periodo trascorso in isolamento nella casa circondariale di Bergamo, è stato trasferito da circa due settimane nel carcere di massima sicurezza di Nuoro, in attesa di essere processato, probabilmente con l’abbreviato, che, in caso di condanna, consente di ottenere lo sconto di un terzo sulla pena finale.

L’avvocato Plati, però, sarebbe intenzionato a sollevare un’eccezione di giurisdizione: «Se qui non ha commesso reati, né li ha organizzati o programmati, per quale motivo dovrebbe essere giudicato in Italia?». La questione è già stata sollevata dall’avvocato, per un altro suo assistito, davanti alla Corte di Cassazione, ma è stata rigettata. Davanti al giudice del tribunale di Bergamo che il 17 dicembre lo ha condannato a 6 mesi di reclusione, per il possesso di documenti falsi (senza i benefici della sospensione condizionale della pena), il siriano si era giustificato affermando che a Raqqa, in Siria, faceva il vigile e che era stato costretto ad arruolarsi nelle fila dell’Isis per lavorare. In seguito era fuggito proprio per liberarsi dal Califfato.

Il 30 novembre il gip di Bergamo Ezia Maccora aveva convalidato il fermo dell’uomo, disposto dalla Dda di Brescia, valutando che vi fossero gravi indizi di colpevolezza. Sulla base di questi, oltre che per il pericolo di fuga, il giudice bergamasco aveva anche disposto la custodia cautelare in carcere, in regime di isolamento. Le foto trovate sul suo telefonino e le successive indagini, secondo gli inquirenti della Procura di Brescia, non lasciano dubbi: Ahmad è un terrorista e va processato. 

di MICHELE ANDREUCCI