Duemila in corteo da piazzale Gorini a via Amadeo, dopo essersi “inquadrati” come sempre in via Ponzio alle 21 in linee da cinque persone dietro lo striscione “Onore ai camerati caduti”. Tricolore in mano nelle prime file, fiaccole a chi sfila sui lati, una corona di fiori rossi in apertura. Poi la chiamata del presente in via Paladini e la risposta a braccia tese per ricordare Sergio Ramelli, il diciottenne militante del Fronte della Gioventù aggredito sotto casa a colpi di chiave inglese da esponenti di Avanguardia Operaia il 13 marzo 1975 e morto dopo 47 giorni di agonia. Anche quest’anno è andato in scena il saluto romano di massa davanti al murale per Ramelli, al termine della manifestazione organizzata dai movimenti di estrema destra Lealtà-Azione, CasaPound, Forza Nuova e Rete dei patrioti. La marcia è stata preceduta alle 18 dalla messa nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo di viale Argonne. All’uscita, le poche decine di partecipanti si dirigono verso via Strambio, tradizionale ritrovo della parata neofascista, dove si aggiungeranno i circa duemila annunciati alla vigilia. A interrompere per alcuni secondi la meticolosa preparazione degli schieramenti per partiti e movimenti ci pensano prima l’eco di alcuni brani legati alla Resistenza dalle finestre di un appartamento e poi le urla di una residente. I duemila imboccano via Aselli alle 21.13, con camionette della polizia davanti e dietro, auto dei vigili a chiudere il traffico e i funzionari di Digos e Nucleo informativo dei carabinieri a monitorare presenze ed equilibri interni alla galassia dell’estrema destra. Alle 21.38, i militanti cominciano a camminare ordinati verso via Paladini, con le note di “Bella Ciao” che qualche inquilino di un palazzo vicino ha provocatoriamente alzato a tutto volume (e che alla fine si attirerà le urla “Esci fuori!”). Alle 22 precise il nome di Ramelli viene scandito per tre volte. E per tre volte la replica corale è sempre la stessa: “Presente”. A mezzo secolo dalla morte.
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