Saronno, morti sospette in corsia: in aula la litania dei "non ricordo"

Le testimonianze degli operatori sanitari sul "protocollo Cazzaniga"

Due operatrici dell’ospedale di Saronno

Due operatrici dell’ospedale di Saronno

Busto Arsizio (Varese), 19 giugno 2018 - «Lei dichiarò ai carabinieri di essersi rifiutata di applicare il “protocollo Cazzaniga” perché il malato doveva avere un decorso normale?». «Lo confermo», la risposta di un’infermiera, testimone in aula. Il “protocollo Cazzaniga” con farmaci somministrati in sovradosaggio. Cazzaniga che assumeva tranquillanti prelevati dagli armadietti del pronto soccorso. Le morti in ospedale.

Al processo in Corte d’Assise a Busto Arsizio a Leonardo Cazzaniga, ex vice primario del pronto soccorso di Saronno, sfilano come testi quattro infermieri del reparto. Il pubblico ministero Maria Cristina Ria e la stessa presidente Renata Peragallo (che interviene più volte con grande decisione) si prodigano in inviti, sollecitazioni, contestazioni con alla mano i verbali sommarie informazioni, fino alle diffide dall’incorrere nella falsa testimonianza. Questo per ravvivare (non sempre con successo) la memoria dei testimoni e perforare la nuvola dei “non ricordo”. Leonardo Cazzaniga è accusato degli omicidi di undici pazienti in corsia e di quelli della madre, del marito e del suocero della sua amante, l’infermiera Laura Taroni. Il legame fra i due era conosciuto in ospedale. Più o meno tutti e quatro avevano sentito parlare del “protocollo”.

Dice Chiara Pallavicini: «L’ho sentito dire al 118 che avrebbe applicato il protocollo per un paziente». Il pm ricorda alla teste due passaggi delle sue dichiarazioni del 17 dicembre 2015: la frase del medico «Faccio e a volte sono l’angelo della morte» e il rifiuto dell’infermiera di applicare il protocollo. Emanuela Lucini parla di «atteggiamento sopra le righe» che il medico aveva con qualcuno. Ha appreso l’espressione del “protocollo Cazzaniga” dai colleghi solo a indagini iniziate. Per Paolo Cartanese l’aiuto primario era «una personalità eccentrica». Il pm richiama al testimone il suo verbale del 9 dicembre 2015 in cui ricorda di avere sentito parlare del “protocollo” da colleghi del pronto soccorso e dallo stesso Cazzaniga. Biagio Orovecchia dichiara: «Ho sentito fare un riferimento all’utilizzo di anestetici per far sì che i pazienti del pronto soccorso in condizioni scadenti avessero un decorso breve».