GIULIANA LORENZO
Sport

Maxcel freccia d’oro

"In quei 10 secondi mi sembra di essere una persona normale" .

Maxcel freccia d’oro

Maxcel freccia d’oro

di Giuliana Lorenzo

Da Parigi in direzione Parigi 2024. Tutte le strade per Maxcel Amo Manu (nella foto Bizzi) portano alla Francia. Al recente Mondiale paralimpico di atletica, il 31enne, nato in Ghana ma arrivato a 11 anni a Milano dove viveva la madre, ha fatto faville. Prima l’oro sui 100 con tanto di record europeo e poi il raddoppio nei 200 T64. Due gemme da tenere lì, come ricompensa del lavoro fatto ma anche di vita. A seguito di un incidente in cui, mentre era a bordo di uno scooter, un camion gli ha tagliato la strada, ha subìto l’amputazione della gamba. "È come lavorare per una cosa – spiega l’atleta tesserato con le Fiamme Azzurre - ed essere ripagati. Me le sono sudate, ho fatto tante scelte, forse anche sbagliate, solo per concentrarmi sullo sport e ho avuto ragione. L’emozione è un mix di sensazioni, forse non ho ancora realizzato, quando mi sono svegliato con le medaglie è stato strano. Sembrava una cosa non vera, fino al giorno della premiazione avevo visto le medaglie solo su Instagram. Quindi averle lì in mano sembra un sogno".

Un sogno di cui fanno parte la moglie, per cui si è trasferito a Bologna e i suoi due più grandi tifosi, i figli: "Sono stati molto contenti, mi hanno caricato nel viaggio. Spesso venivano agli allenamenti e anche nei giorni no mi hanno sempre incoraggiato, cercano di imitami e spingermi a fare quello che faccio e quello che continuerò a fare".

Manu prima di dedicarsi alla corsa ha provato qualsiasi disciplina, dal basket, fino al calcio e alla thai boxe. Del resto, lo ricorda e ammette lui stesso ,anche da piccolo era un bambino sempre attivo, un giocherellone: "Non avevo la mentalità di scegliere uno sport e concentrarmi, li facevo per gioco. Non conoscevo il mondo dell’atletica e anzi odiavo correre, infatti quando me l’hanno proposto al Centro Protesi Vigorso (Bologna, ndr) non ero molto convinto".

Poi si è ricreduto e come spesso succede agli atleti paralimpici quando fa il suo sport ha una sensazione di “normalità”. "In quei 1011 secondi di gara mi sembra di non essere disabile, ma una persona normale. Fare un giro di campo mi aiuta e mi fa stare sereno". Non ama però pensare troppo in là (anche se nel mirino c’è la Paralimpiade), non l’ha mai fatto e non vuole soprattutto dopo l’incidente: "Non avrei mai pensato di perdere una gamba, anche se fai progetti la vita non va sempre come vuoi. All’inizio è stato strano, tutti ti guardano e ti fanno sentire diverso, poi con la protesi torni un po’ alla tua vita, anche se pesa lo sguardo altrui".

In questo è stato fondamentale il ruolo dello sport. Manu è sempre stato attivo, dal primo momento ha cercato di liberarsi delle stampelle. Oggi è felice di quello che fa ed è grato per la seconda chance: "Ringrazio il cielo, Dio, l’universo o chi mi abbia salvato. Io sono credente, ma non vado in chiesa: qualcuno parla di Dio o di Allah, io credo in un qualcosa a cui appellarsi o che ci aiuta e che mi ha aiutato".