Il libro. Facchetti racconta capitani e bandiere: "La fascia un simbolo»

Gianfelice Facchetti presenta il suo nuovo libro "Capitani", un viaggio tra miti e bandiere nel calcio, riflettendo sul significato della fascia da capitano e sulle figure che l'hanno indossata.

Dopo “Se no che gente saremmo” e “C’era una volta San Siro”, Gianfelice Facchetti torna in libreria con “Capitani”, un racconto (come si vede in copertina) tra miti, esempi e bandiere, edito da Piemme. "Oso sperare che ci sia un segno di continuità e una maturazione nella scrittura e nel mettere insieme tutto, rispetto agli altri due libri - racconta al “Giorno“ il figlio dell’indimenticato Giacinto -. È un lavoro che ha più piani dentro, ci sono parti più intime in alcune storie. Altre più legate a una scoperta di come è partita l’avventura della fascia". Nella visione di Gianfelice Facchetti, "il capitano è un punto cardinale del tifoso, pur con tutte le situazioni che rendono difficile oggi restare nello stesso club". Ma non è solo l’uomo con la fascia al braccio, tant’è che il libro parte da Gigi Riva. "Non un capitano per definizione, perché a Cagliari era Pierluigi Cera - dice -. Ma lo era senza avere la fascia. Era qualcosa di più alto. Quel che è accaduto a Riyad durante il minuto di silenzio in Supercoppa, col precedente grave di Beckenbauer poco prima, fa capire che se vuoi raccattare denaro in giro puoi farlo, ma devi togliere tutto quello che non puoi controllare. Non puoi non sapere dove stai portando la tua storia". Lo stesso papà Giacinto è stato una bandiera dell’Inter essendone il capitano per brevissimo tempo. "Tante volte c’è confusione e io ricordo sempre che il capitano della Grande Inter era Armando Picchi e che dopo lo diventò Mazzola - ricorda -. Papà è diventato capitano nella sua ultima stagione. Lo è stato invece in nazionale, prese la fascia nella partita subito dopo la disfatta in Corea del ’66 e lo rimase fino alla fine, in più con la particolarità che in Argentina ’78 venne portato da Bearzot come capitano non giocatore". Tanti gli interisti, da Zanetti a Cordoba fino Picchi, Baggio, ma anche leggende non interiste come i Maldini o Valentino Mazzola. "La fascia - precisa Gianfelice - compare solo dal 1949/’50, dopo Superga. La scomparsa del Grande Torino è uno spartiacque, è come se quel simbolo si fosse reso necessario". M.T.

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