Brescia, trionfo (quasi) annunciato. Bovo e una squadra nata per vincere

Il duello infinito con la Pro Recco finalmente sorride ai lombardi dopo gli errori del passato pagati a caro prezzo

Brescia, trionfo (quasi) annunciato. Bovo e una squadra nata per vincere

Brescia, trionfo (quasi) annunciato. Bovo e una squadra nata per vincere

Passo indietro, al 6 aprile 2012-14 aprile 2024. Dodici anni sono tanti. Si giocava allora alla Piscina Felice Scandone di Napoli. E l’Associazione Nuotatori Brescia era la squadra degli Alessandro Nora, dei Christian Presciutti, dei Roberto Calcaterra. Da un anno il club aveva ripreso il nome originario dopo la crisi dell’allora Brixia Leonessa, tricolore nel 2002. Quella denominazione, quella sigla, AN, nel nuoto richiamava fondamentalmente ad un volto, Giorgio Lamberti, stella delle piscine campione del monto a Perth e recordman assoluto nei 200 metri stile libero a Berlino. Nella pallanuoto si scrisse allora in terra campana una prima pagina di storia, interrompendo con un sudato 5-4 la serie di sei vittorie in fila in Coppa Italia della Pro Recco.

Dodici anni dopo, si è chiusa un’egemonia ben più ampia. Scrivendo quello che è, senza ombra di dubbio, un Miracolo Sportivo. In questo senso, è necessario un passo indietro. Perché tutto nasce proprio dal secondo trofeo più importante della nostra pallanuoto. Brescia, va detto, compone da anni con Recco un "duopolio" che tanto ha raccontato del gioco a livello nazionale ed europeo. In tutto nove finali delle ultime 10 in Coppa Italia, 11 su 11 per lo Scudetto. A vincere, a parte che in due occasioni, sono stati i liguri. L’AN, non inganni, resta una potenza, avendo giocato le ultime quattro Final Six di Champions League perdendo due semifinali solo all’ultimo possesso. Una potenza a cui è mancato spesso l’ultimo passo, per quanto contro una rivale dal budget e dalle risorse ben differenti.

E una Coppa Italia può cambiare i destini. Siamo nel 2023. Brescia, dopo due penultimi atti europei, vede maturare un progetto importante imperniato intorno a giocatori di primo piano. E’ il momento di raccogliere, partendo dalle Final Eight di febbraio presso le Piscine di Albaro a Genova. L’esordio è sofferto, 12-8 con Trieste, la semifinale è nefasta: vince Ortigia 7-6, e dopo otto anni la squadra del Cidneo è fuori dalla finale. Altro che sogni di gloria, e infatti seguiranno settimane tristi, con l’ultimo atto tricolore mai in discussione con la Pro Recco, e ancor di più il fallimento di fine maggio alle Final Eight di Champions League a Belgrado. Dopo aver dominato il girone B di corazzate come Novi, Ferencvaros, Jug e Marsiglia, Brescia si inchina nei quarti di finale all’esordiente Vouliagmeni. In quei giorni, il presidente Andrea Malchiodi prende una decisione netta. Tabula rasa. Via Luongo, Vapenski, Kharkov e il bomber Edo Di Somma. Soprattutto, si ritira il capitano Christian Presciutti, leggenda vivente della pallanuoto italiana e mondiale. Tutta gente che ha vinto, che in Europa sa stare solo ai piani più alti.

E spazio ad una nuova nidiata. Dal difensore Mario Del Basso all’attaccante Francesco Faraglia, dall’eclettico Edoardo Manzi al centrovasca Alessandro Balzarini, senza dimenticare il bomber Max Irving, uno che ha atteso per una vita un’occasione ad alti livelli. Sia chiaro, non mancano i leader. C’è il nuovo capitano Jacopo Alesiani, c’è sempre il fuoriclasse dello Scudetto 2021 Vincenzo Renzuto, c’è Petar Tesanovic, forse il miglior portiere del mondo. E ci sono giocatori navigati come Vincenzo Dolce, Djordje Lazic, Stefano Guerrato e Niccolò Gitto, oltre all’emergente centroboa Tommaso Gianazza.

Ovviamente, alla guida di tutto il nome più importante, che si lascia in fondo per dare il giusto peso. Sandro Bovo. Oro olimpico a Barcellona 1992, tecnico dell’AN dal 2008. Una colonna, che si è rimessa al lavoro. Spazio ai giovani, bando ai fuoriclasse. L’avvio è complesso in campionato, ottimo in Champions. Ma a Genova, nessuno era andato per vincere. Invece, con la Pro Recco, Brescia ha chiuso una storia infinita. Togliendosi, grazie anche alla sfrontatezza della gioventù, ogni soggezione e senso di inferiorità. Quel che in passato è stato sempre pagato a caro prezzo. Da qui una finale all’arma bianca e quella clamorosa gioia, quando il braccio di Tesanovic ha stoppato il rigore del trionfo.

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