I Tre Allegri Ragazzi Morti: "Il nostro doculive per aiutare i locali, 4 a Milano"

La band in streaming il 21 aprile con “A casa tua“: "Suoniamo da 30 anni, il rapporto col territorio è molto forte"

I Tre Allegri Ragazzi Morti

I Tre Allegri Ragazzi Morti

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Tre (poco) Allegri Ragazzi Morti. La pandemia blocca il circuito del live italiano, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molti club e la band di Davide Toffolo scende in campo. Assieme ai sodali Luca Masseroni ed Enrico Molteni il chitarrista-fumettista mascherato stila una lista di 26 locali cari alle loro gesta e gli destina la metà dei proventi di “A casa tua”, il docu-live in diretta streaming il 21 aprile alle 21 sulla piattaforma americana Bandcamp (https://tarm.bandcamp.com) e poi disponibile per le 24 ore successive, invitando gli spettatori a scegliere al momento dell’acquisto il beneficiario del proprio contributo inviando una mail all’indirizzo acasatuatarm@gmail.com. Quattro le strutture lombarde coinvolte, il Cox 18 e il Santeria Social Club di Milano, il Live Club di Trezzo e la Latteria Molloy di Brescia. "Sono quelli che di solito tocchiamo nei nostri tour", spiega Toffolo, 56 anni. "Suoniamo da trent’anni e il rapporto col territorio è molto forte. Li conosciamo tutti a menadito".

Con 4 locali Lombardia è in bella evidenza. "I ricordi sono tanti. Brescia, ad esempio, è stata una delle prime città fuori dal Friuli in cui ci siamo esibiti e rimane ancor oggi un centro molto speciale per la musica". E Milano? "Al Cox siamo legati perché uno dei nostri fonici veniva da lì. E poi quel centro sociale con le radici nel pensiero di Primo Moroni rimane un crocevia storico per l’incontro di Milano col punk. Il Santeria di viale Toscana, invece, ha probabilmente la più bella sala d’Italia". Di che parla “A casa tua”? "Il film racconta del nostro ritorno a ‘casa’, appunto. Da anni Enrico abita a Milano, io a Roma e Luca non so neppure dove, ma la pandemia ci ha riportato tutti e tre in Friuli consentendoci di ritrovare le nostre radici. Pure artistiche. Così abbiamo preso le immagini di un concerto della scorsa estate in quei luoghi e utilizzate per ricostruire i nostri legami col territorio attraverso tre ‘passeggiate’ lì dove siamo cresciuti. La regia l’ho fatta io e non è stato facilissimo perché siamo un gruppo mascherato che fatica a tirare fuori la sua dimensione più intima, ma il ritratto che ne esce è comunque molto puro". Come s’è trovato a Sanremo ospite degli Extraliscio? "Mi sono sentito un ‘ghost’, un fantasma, come ricorda pure il titolo del podcast da ‘infiltrato’ che ho realizzato nei giorni del Festival. E non solo per la maschera. Però è stata un’esperienza molto bella. Diciamo che la mia presenza all’Ariston ha avuto senso all’interno della narrazione che Sanremo prova a fare ogni anno della musica italiana. Quest’anno gli è venuto abbastanza bene, perché è riuscito a raccontare realtà anche meno convenzionali come la mia. Non mi dispiacerebbe tornarci con i Tre Allegri Ragazzi Morti. Ma non so se sarà così facile".