Scuola, docenti di musica a rischio: "Rischiamo di restare precari a vita"

Un musicista di Stradella guida la protesta tra i professori degli istituti di studi musicali

Livio Bollani con Al Bano

Livio Bollani con Al Bano

Stradella (Pavia), 22 settembre 2018 - Un aggettivo forse galeotto (nel senso che nella legge non c’era, ma nel decreto attuativo compare): statali. Svista, errore o eccesso di burocrazia non si sa, ma questo significa che molti docenti verrebbero esclusi da qualsiasi possibilità di ambire ad un posto fisso come statale. Livio Bollani, stradellino, musicista, compositore, inventore e «dominus» dell’Accademia del Ridotto del Teatro Sociale di Stradella, del Valtidone Festival che coinvolge una quindicina di Comuni e del festival «Up To Penice» (per citare solo alcuni suoi ruoli) capeggia la rivolta di un nutrito gruppo di docenti di Istituti superiori di studi musicali. In Italia queste scuole sono 18 (4 in Lombardia a Pavia, Bergamo, Cremona e Gallarate) e assieme a 54 Conservatori rappresentano la cosiddetta Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (Afam). Numeri significativi: 50mila studenti, 7mila docenti di cui 2/3 a tempo indeterminato.

Bollani, che insegna composizione e teoria e tecnica dell’armonia all’istituto Tchaikosky di Nocera Terinese in Calabria, è uno dei docenti sul piede di guerra. Perché? «L’unica distinzione sin qui – dice Bollani – fra docenti di istituti musicali superiori e conservatori è che i primi vengono pagati direttamente dalle scuole e i secondi sono a carico dello Stato. Ma sempre fondi pubblici sono».

Nel 2017 esce una legge con obiettivi virtuosi: mettere fine al precariato e consentire a tutti i docenti di diventare a tempo determinato, senza distinzione, purché in possesso dei titoli, di diventare docenti statali attraverso un concorso. «Purtroppo ad inizio settembre è stato pubblicato il decreto attuativo – sottolinea Bollani – e questa possibilità viene riconosciuta solo a docenti già statali a tempo determinato. Per gli altri, nelle stesse condizioni, si apre un capitolo incerto e discriminante».

Insomma un discreto numero di docenti, anche di lunga data, rischia di essere tagliato fuori. Quanti? «Diverse centinaia, oggi come oggi ci stiamo organizzando – incalza Bollani – Il nostro gruppo è già oltre quota 50 adesioni che potrebbero aumentare. Siamo determinati ad andare fino in fondo, anche con un ricorso, se occorre, fino alla Corte di giustizia europea. Tanto per cominciare rivolgendoci al Tar». Ma se nella legge (205 del 2017) la parola «statali» non c’era ed è stata aggiunta nel decreto attuativo, possibile che non si trovi una soluzione per aggiustare l’inghippo? «Dal ministero interpellato più volte – fa sapere Bollani – per ora nessuna risposta».