Sahar Nourafrooz Heris: "Fuggita dalle violenze in Iran, a Pavia ho aperto una sartoria"

La testimonianza della quarantenne: "Quello del velo è l’ultimo dei nostri problemi. Mio marito si è battuto per la nostra libertà ed è stato in carcere 10 anni. Ha subito torture e preso la Tbc "

Sahar Nourafrooz Heris, 40 anni

Sahar Nourafrooz Heris, 40 anni

Pavia - "Il velo è l’ultimo dei nostri problemi, le violenze che le donne iraniane subiscono sono altre. Le proteste sono esplose dopo la morte di Masha Amini, catturata e picchiata dalla polizia morale perché le si vedeva una ciocca di capelli, ma partono da lontano. Noi vogliamo che donne e uomini abbiano gli stessi diritti". Sahar Nourafrooz Heris, 40 anni, è una donna dolcissima che ha saputo opporsi con fermezza al regime. Sostenuta dal marito che per i diritti delle donne è anche finito in carcere, è arrivata a Pavia dove ha aperto una sua sartoria.

Come mai ha aperto proprio una sartoria?

"Perché ho frequentato un corso universitario di moda e in Iran avevo un mio showroom dove confezionavo abiti da sposa. Sono stata fortunata, ho potuto studiare, ma non tutte possono farlo e, se lavorano, guadagnano molto meno degli uomini".

Suo marito è stato arrestato per la libertà delle donne.

"Sì, è stato in carcere 10 anni. Ha subito torture, ha contratto la Tbc che gli è stata curata soltanto al suo arrivo in Italia. Adesso soffre di depressione e non parla volentieri di quanto ha vissuto. Per fortuna è riuscito a scappare passando dalla Turchia e ad arrivare in Italia con un barcone. Adesso lavora come muratore a Locate".

Dall’Italia è partita la vostra rinascita.

"Decisamente. Io lavoro, mio marito anche e nostro figlio di 23 anni studia Medicina. In Iran non c’è futuro, il 70% della popolazione non vuole più l’Ayatollah Ali Khamenei, dicono che siano state arrestate 30mila persone e ne siano state uccise 700. Secondo noi saranno almeno il triplo".

Si è sposata molto giovane.

"Sì, ma l’ho scelto e lo rifarei mille volte. Ho un bravo marito, che mi lascia libera. Quando vivevamo in Iran aveva paura a farmi uscire soltanto perché temeva non rientrassi più come accaduto a Masha Amini".

Oltre alla parità salariale, che cosa chiedono le donne?

"In Iran una donna non può separarsi se il marito non vuole e non può sposarsi senza la firma del padre. Molte non possono studiare e, nel caso in cui una donna viene maltrattata, denunciare è inutile, il giudice la paga per il suo silenzio".

A lei è capitato qualche episodio particolare?

"Quando mio marito era in carcere, mio figlio che oggi ha 23 anni, ha dovuto un problema all’orecchio, avrebbe dovuto essere operato d’urgenza ma io non potevo firmare. Sono dovuta andare dal giudice per ottenere il permesso di mio marito, nel frattempo il timpano di mio figlio si è rotto. In Iran le donne non possono dare il consenso per un’operazione chirurgica o per lasciare il Paese, senza la firma del marito. Noi donne non possiamo decidere nulla. Le lotte sono per un paese libero, non per il velo".