Allevamenti e agricoltura in ginocchio. "O ci aiutano o dovremo abbattere i nostri capi"

Gli effetti del caro energia gravano su tutta la produzione, filiere alimentari a rischio

Daniele Barcella, 27 anni, manda avanti La Baragia

Daniele Barcella, 27 anni, manda avanti La Baragia

Lentate sul Seveso (Monza e Brianza) - "O ci aiutano, o dovremo abbattere 300 vacche". Gli allevatori brianzoli sono alla canna del gas strozzati dai costi alle stelle dei mangimi, dal caro bollette e da margini troppo risicati. E per chi fa latte c’è anche la speculazione degli anelli forti della catena. "Mentre noi produttori moriamo". Daniele Barcella ha solo 27 anni ma ha scelto di mandare avanti La Baragia, l’attività di famiglia nata a metà degli anni Settanta, a Lentate. E’ anche consigliere di Coldiretti Milano, Monza e Lodi. Fa il mestiere che gli hanno insegnato suo padre e suo nonno e mai si sarebbe immaginato di pronunciare queste parole. "Ma è la verità – spiega – si comincia razionando il cibo agli animali, ma se non si inverte la rotta al più presto saremo costretti a eliminarli. L’autonomia è limitata, dipende dal livello di indebitamento di ciascuno, io non posso andare avanti così altri sei mesi".

Altrove è anche peggio perché dai Barcella "c’è abbastanza spazio per l’autosufficienza alimentare, cioè coltiviamo ciò di cui si nutrono i bovini, altrimenti saremmo già saltati". Un quadro a tinte fosche con cifre che tormentano le aziende. Rispetto a un anno fa il mais a uso zootecnico ha fatto un balzo in avanti del 100%, il frumento del 70, la soia del 50, "l’energia elettrica del 500% e i concimi a base di azoto del 140, in queste condizioni i conti non tornano anche aumentando i prezzi. Ma noi non possiamo, il nostro è fissato e anche quando viene riconosciuto non copre più i costi. E non abbiamo quasi potere contrattuale: a fine giornata l’oro bianco è da buttare".

Dall’altro capo della Brianza, a Roncello, c’è un altro giovane allevatore, Davide Nava, presidente degli under 30 di Coldiretti Milano, Monza e Lodi, anche lui guida l’azienda ereditata dal papà, ma al centro ci sono 1.800 suini. Il cognome è un marchio storico dei salumi sul territorio con spaccio che ha aiutato a superare altri momenti di crisi, ma stavolta è diverso. "La congiuntura Covid-guerra ci ha esposti a una situazione senza precedenti: per ogni capo abbiamo una perdita secca di quasi 60 euro tra il valore che ci viene riconosciuto e gli esborsi che dobbiamo sopportare, da quelli alimentari a quelli energetici. Non si può andare avanti così". Guai anche per i florovivaisti, altro filone pesante sul territorio: "E’ aumentato tutto, i vasi del 40%, la torba, il gasolio e anche se si rialza il listino del 10-15% per fare quadrare i bilanci, alla fine i conti non tornano - dice Marzio Perego, dell’impresa omonima a Cornate e che vende direttamente ai giardinieri –. Se rallenta tutto e ci fermiamo un’altra volta non è detto che riusciamo a rialzarci. Tanti sono stati già spazzati via dal virus".