Rivoluzione o inganno? Questo è il problema

Il progetto dell’Arabia Saudita relativo a tre poli turistici visto e interpretato con gli occhi di un terzetto di giovani monzesi .

45 anni. Il tempo per abbandonare il petrolio che, ad oggi, soddisfa circa il 35% del fabbisogno di energia elettrica. Le tecnologie per abbandonarlo forse arriveranno: la fusione nucleare ne è un esempio. Ma intere economie fondano ancora la propria ricchezza su questa risorsa. Tra questi, l’Arabia Saudita, una monarchia assoluta in cui il petrolio regna.

Il giovane principe Mohammed Bin Salman ha iniziato un mastodontico progetto volto a rivoluzionare l’economia saudita: Saudi Vision 2030. Conscio che un cambiamento è necessario per il benessere della popolazione, ha avviato la costruzione di tre poli turistici e residenziali altamente tecnologici nella regione desertica del Neom. Un progetto con diversi obiettivi: la creazione di una società vibrante, con intrattenimento, cultura e una lunga aspettativa di vita; lo sviluppo di una nazione ambiziosa, con entrate non petrolifere, un’economia fiorente basata su occupazione, inclusione delle donne nella forza lavoro, competitività internazionale, investimenti diretti all’estero ed esportazioni non petrolifere.

Tutto questo grazie a 3 città: The Line, Oxagon e Trojena. The Line, una città interamente costruita su una linea retta, lunga 175 km, larga 200 m E alta 400, interamente rivestita di specchi-vetro per ridurre l’impatto visivo. Tutti i servizi essenziali entro i 5 minuti a piedi da ogni abitazione e ogni altro spostamento attraverso un treno supersonico che attraversa la città in 20 minuti. Oxagon, una città esagonale, galleggiante, attraccata alla terraferma nel Golfo Persico: un polo per la ricerca oceanica fondata sui robot e alimentata da fonti rinnovabili.Trojena, una città costruita sull’unico altopiano dell’Arabia dove la temperatura può scendere fino a 0 °C: polo per il turismo sciistico con lunghe piste di neve artificiale e destinata ad ospitare i Giochi Asiatici Invernali del 2026.

Questa la comunicazione ufficiale del sito. Ma il resto del mondo si domanda: “Ma è proprio questa la verità?” Le donne, che solo da poco hanno la possibilità di guidare, potranno davvero essere lavoratrici accettate? 150 km di asfalto e cemento sono realmente “verdi”?

Edifici alti 400 metri non modificano irrimediabilmente l’ecosistema?

L’urbanizzazione eccessiva è la soluzione? Città costruite in laboratorio non sono forse alienanti e prive di radici? Greenwashing e spasmodica ricerca di prestigio e rispettabilità internazionale, questo sembra.

Vi sono tuttavia alcune considerazioni positive che vanno necessariamente fatte: innanzitutto, un progetto di questo costituirà un ottimo laboratorio per sperimentare nuove tecnologie urbanistiche, così come la Formula1 ha operato nell’automotive. E poi, ci sia concesso un po’ di campanilismo, il progetto relativo ai trasporti vede, fra gli interpreti principali, un nostro caro concittadino.