Monza, la banda dei permessi di soggiorno: otto arresti. Ecco i ruoli

Quattro egiziani di Bernareggio gestivano la rete illecita con la complicità di tre pubblici ufficiali e di un commercialista

Guardia di Finanza

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Monza, 16 gennaio 2019 -  Il finanziere, grazie al suo giro di conoscenze, anche di commercianti che corrompeva ottenendo soldi e regali per avvertirli dei controlli fiscali da parte dei suoi colleghi, aveva il compito di reperire persone pronte a fornire papabili residenze. Mentre il messo comunale attestava falsamente che gli extracomunitari vivevano a quegli indirizzi. Questi i ruoli dell’ispettore in servizio alla Compagnia della Guardia di Finanza di Monza (ma in aspettativa per problemi di salute) A.D.D., 46 anni e del dipendente del Comune di Monza A.P., 50enne, coinvolti nella presunta organizzazione criminale finalizzata al rilascio o rinnovo al rinnovo dei permessi di soggiorno, o alla concessione del nulla osta per il ricongiungimento famigliare di congiunti di extracomunitari sgominata dalla Guardia di Finanza di Seregno.

I militari, al comando del capitano Domenico Fucci, hanno dato esecuzione ieri mattina ad un’ordinanza di misure cautelari personali, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza Emanuela Corbetta, nei confronti di 8 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere, abuso d’ufficio e falso. Oltre al finanziere, sono finiti in carcere un egiziano residente a Bernareggio, I.S. (ritenuto il promotore del sodalizio criminoso), un sovrintendente della polizia di Stato in servizio a Milano e un commercialista di Legnano.

Il messo comunale ha l’obbligo di dimora, mentre altri tre egiziani sono agli arresti domiciliari. Sono 21 i casi in cui cittadini extracomunitari, tutti egiziani, avrebbero ottenuto permessi di soggiorno o di ricongiungimento familiare senza averne diritto. Bastava mettersi in contatto con il connazionale di Bernareggio, a capo di un’impresa di pulizie dopo avere avuto in passato una macelleria e avere soldi da sborsare. A chi non aveva possibilità economiche veniva chiesto qualche centinaia di euro, che arrivavano anche a 5.000 euro per i più facoltosi.

Al commercialista il compito di creare la documentazione falsa, certificati medici e di residenza fasulli, buste paga fittizie per contratti di lavoro subordinato inesistenti, dichiarazioni fiscali relative a redditi mai percepiti. Il poliziotto in servizio all’ufficio immigrazione milanese, che avrebbe dovuto controllare la regolarità della documentazione, metteva comunque il visto di regolarità delle pratiche. Le indagini, coordinate dal pm monzese Salvatore Bellomo, sono partite nel 2016 dalla denuncia presentata alla Guardia di Finanza di Monza da un egiziano che aveva subìto un controllo fiscale nel suo negozio per vendetta da parte del connazionale organizzatore dei raggiri con cui aveva avuto un diverbio.