Monza, il Parco invaso dai pappagallini

Stormi di parrocchetti sugli alberi tra nostrani merli e cornacchie

Pappagallini nel giardino della villa Reale

Pappagallini nel giardino della villa Reale

Monza, 10 gennaio 2019 - Sono le piume verdi  sgargianti dei parrocchetti, con la coda sfumata di blu e il becco rosso accesso, a colorare le chiome spoglie degli alberi d’inverno nel Parco. E non bisogna fare appostamenti di birdwatching per vederli ma basta alzare lo sguardo durante una passeggiata, in particolare vicino ai laghetti e nei giardini della Villa Reale, per trovare tra gli alberi stormi di pappagalli colorati, che come i merli, i passeri, i piccioni o le cornacchie volano tra un ramo e l’altro per mangiare bacche e semi. Da tempo si ripetono le segnalazioni di uccelli esotici nei boschi monzesi, e anche in città, e ormai se ne contano talmente tanti che non si tratta più di esemplari isolati scappati da una gabbietta, ma di colonie di animali che hanno trovato nel Parco un nuovo ambiente dove vivere e proliferare nonostante la loro origine sia l’Africa sub sahariana o l’India.

Ma i parrocchetti sono solo gli ultimi di una serie di animali “fuori luogo” nei 720 ettari del Parco di Monza, come nel resto dall’ambiente circostante, specie alloctone, che come lo scoiattolo grigio americano, le tartarughe d’acqua della Florida, oppure le nutrie del Sud America, i cinghiali ungheresi o il tarlo della Cina (Anoplophora chinensis) che sta compromettendo i boschi di mezza Europa, creano squilibri ambientali, fanno concorrenza e si sostituiscono agli animali autoctoni e poi fanno danni.

Sono animali che non dovrebbero esserci ma "se i motivi della loro presenza possono essere molti, per tutti i casi la causa originaria è dovuta all’uomo – spiega Giorgio Riva, presidente dell’Enpa di Monza e Brianza -. Nel caso dei parrocchetti l’origine nel nostro Parco è quella di esemplari scappati oppure liberati da persone che li avevano acquistati come animali da tenere in casa. Poi si sono dimostrati in grado di adattarsi fino a riuscire a riprodursi e quindi colonizzare il posto, anche se molto diverso dal loro ambiente naturale".

La maggior parte delle specie esotiche non riesce a sopravvivere alle nostre latitudini, ma i parrocchetti invece si sono dimostrati particolarmente adattabili, resistendo al freddo e trovando negli alberi locali il cibo di cui hanno bisogno. Rispetto ad altre specie colonizzatrici presenti anche nel Parco, per ora, "i parrocchetti non si stanno dimostrando dannosi al nuovo ambiente né sembra stiano entrando in competizione con gli altri uccelli autoctoni – aggiunge Riva – Ma resta un errore la loro presenza e andrebbe evitata, come dimostrano le conseguenze causate da altri animali alloctoni: lo scoiattolo grigio americano sta prendendo il posto di quello rosso europeo oppure le tartarughe d’acqua originarie della Florida abbandonate nei nostri laghetti li colonizzano a danno degli altri animali>.