Monza e Brianza, troppe donne con l’aguzzino in casa

Le preoccupazioni del Cadom: "Denunce calate del 50%, le vittime non hanno la possibilità di chiedere un appoggio"

Anna Levrero

Anna Levrero

Monza, 29 marzo 2020 - Il Covid-19 obbliga alla convivenza forzata e le donne, vittime di violenza, smettono di denunciare. Oltre il 50 di denunce in meno in un mese: un calo drastico di segnalazioni e di telefonate al centralino del Cadom (Centro aiuto donne maltrattate) di Monza da quando è iniziata l’emergenza Coronavirus. Un calo, purtroppo, non legato alla diminuzione della violenza che continua ma non viene segnalata perché la donna non ha la libertà di uscire, di telefonare e spesso anche solo di inviare un’email. È molto preoccupata Anna Levrero (foto, presidente del Cadom di Monza: l’impennata verso il basso è semplicemente legata al fatto che le donne non possono denunciare e non perché gli aguzzini hanno smesso di perseguitarle . "Per loro adesso la situazione è molto difficile - spiega -. Sono a casa dal lavoro, qualcuna magari l’ha anche perso e non hanno la possibilità di rimanere sole. A casa ci sono i figli, qualche volta anche i mariti". Gli unici momenti liberi sono quando le donne escono a buttare l’immondizia, non per tutte c’è la libertà di andare a fare la spesa o in farmacia. "La mancanza di libertà d’azione e per alcune anche la perdita del posto di lavoro sono un dramma. Si ritrovano proiettate in una dimensione domestica di violenza che viene perpetrata continuamente visto che, il marito o il compagno, spesso si ritrova lui stesso a casa dal lavoro".

Una convivenza obbligata h24 tra vittima e aguzzino, con i minori che diventano spettatori di aggressioni fisiche e verbali che prima avvenivano solo la sera. Diverse le forme di violenza che vedono coinvolte le donne di Monza e Brianza. "La più diffusa è sicuramente quella psicologica. Poi quella fisica, economica e purtroppo anche quella a cui devono assistere i figli, bambini e ragazzi che da oltre un mese sono a casa da scuola. È inutile dire che i bambini non capiscono: purtroppo i minori comprendono benissimo quello che succede all’interno delle mura domestiche". Il Cadom di Monza non ha chiuso per Coronavirus; la sede di via Mentana 43 non è attiva, ma resta in servizio, h24, il numero di emergenza e dal lunedì al venerdì nel pomeriggio risponde anche un’operatrice.

«Ma è difficile per la donna telefonare. L’unico momento e spazio di privacy potrebbe essere quello del bagno, ma alcune volte non c’è neppure quel momento". Il Cadom di Monza sta pensando, su modello del Cadom di Milano, di attivare anche una sorta di un’assistenza psicologica via Skype. Ma Anna Levrero è molto scettica: "Non tutte le donne hanno la possibilità di accedere autonomamente e in piena libertà a un computer". Alcune consulenze attivate prima della pandemia proseguono, alcune donne continuano a telefonare per il colloquio pomeridiano felici di potersi confrontare e confidare con l’operatrice.