Crisi Fimer, fondi o fallimento Aretini e brianzoli davanti ai cancelli

Fim e Fiom chiedono nuovi investitori per salvare 180 posti a Vimercate e 450 in Toscana

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di Barbara Calderola

"O fondi, o fallimento. No a piani senza fondamento che potrebbero far capitolare l’azienda". Trasferta brianzola per i lavoratori Fimer di Terranuova Bracciolini, nell’Aretino. Ieri, la protesta con i colleghi di Vimercate, davanti ai cancelli del colosso delle colonnine elettriche e degli inverter che attraversa un momento difficile. In concordato preventivo già prorogato fino a fine giugno dal Tribunale di Arezzo, da mesi sindacati e cda cercano una soluzione per uscire dalla crisi, ma le ricette divergono. Fim e Fiom chiedono che "entrino nuovi investitori" e parlano delle trattative in corso con Certina e Attestor, interessati all’ingresso nella società che in città dà lavoro a 180 persone e ad altre 450 in Toscana, dove nel 2020 ha acquistato il sito da Abb. Ad accompagnare gli operai anche il vicesindaco di Terranuova Mauro Di Ponte, "tentiamo di salvare i posti e una realtà radicata nel territorio da 50 anni. "Abbiamo ordini ma non liquidità per acquistare i materiali – aggiunge Davide Materazzi della Uilm fiorentina –. Abb aveva risorse per giocare su uno scacchiere globale, Fimer, no. Ha accumulato debiti con i fornitori per 70 milioni". "Veniamo da due anni e mezzo in cui la nuova proprietà ci ha presi in giro", scandisce al microfono Ilaria Paoletti della Fim aretina, mentre Alessandro Tracchi, segretario generale della Fiom-Cgil di Arezzo "è deluso dai brianzoli. Si sono dimostrati inaffidabili, noi chiediamo una strategia pubblica funzionale agli interessi dei lavoratori". Concetti condivisi dalle monzesi Lorena Silvani della Fim e Adriana Geppert della Fiom: "Servono prospettive, senza le quali il crac è dietro l’angolo. Il tempo delle parole è scaduto". Le rassicurazioni arrivano direttamente dal presidente Filippo Carzaniga, alla guida della famiglia che controlla il gruppo Fimer, 80 anni di storia alle spalle. "Non solo proseguono le trattative con gli investitori, ma fra una decina di giorni presenteremo il ‘Piano B’, una rete di salvataggio nel caso in cui le proposte dei fondi siano irricevibili. Come se ci chiedessero di licenziare l’80% del personale o di non saldare i debiti con i fornitori nell’ambito del concordato".

L’azienda sgombera il campo da equivoci: "Vorrei che uscissimo dalla vecchia contrapposizione padrone-operai, l’impresa sta bene se i propri lavoratori stanno bene, i nostri obiettivi sono due: occupazione e continuità produttiva. Abbiamo un portafoglio ordini che ci proietta avanti di più di un anno e operiamo in un settore strategico. Covid e congiuntura internazionale ci hanno messo in difficoltà, ma gli stipendi per quanto limati dalla solidarietà sono sempre stati pagati. E garantisco a tutti che non sono a rischio neanche quelli futuri".