Coronavirus, il paziente muore da solo: "Coprilo e andiamo avanti"

Il drammatico racconto di una operatrice socio sanitaria di Monza: "Siamo arrivati al punto che manca il decoro del defunto, questo fa male"

Superlavoro non solo per medici e infermieri ma anche per gli operatori socio sanitari

Superlavoro non solo per medici e infermieri ma anche per gli operatori socio sanitari

Monza, 21 marzo 2020 - "Quando mi sono avvicinata al letto e ho visto che il paziente era morto l’infermiere mi ha detto: coprilo e andiamo avanti. In quel momento ho avuto una grande stretta al cuore. Non capivo, ma poi mi sono resa conto che non era cinismo, ma l’unico mezzo che abbiamo a disposizione per proseguire e salvare vite. Quando abbiamo finito il giro sono tornata da quel paziente e l’ho sistemato un po’, non potevo vederlo in quello stato".Così inizia il racconto di un’operatrice socio sanitaria (Oss) monzese che lavora nell’inferno di Covid-19.

Come è adesso la situazione? "Non ce la facciamo più. Da noi arrivano pazienti che hanno superato la Rianimazione e la Terapia Intensiva, ma di coronavirus si continua a morire. Anche in Brianza e a tutte le età". Che cosa la impressiona maggiormente? "Siamo arrivati a un punto tale che manca il cosiddetto decoro del defunto. I parenti non gli possono stare accanto, non gli possono stringere la mano quando muoiono, né vederli dopo. E non abbiamo neppure il tempo di occuparci immediatamente di loro: lavarli, vestirli, metterli a posto per l’ultimo viaggio. Questo fa tanto male, perché manca proprio il conforto prima della morte e per i parenti la possibilità di piangere il loro caro. Durante il giro del mattino il paziente sta bene, tutti i parametri vitali sono nella norma e poi…" E poi che cosa? "E poi, come mi è già capitato, il paziente del letto accanto suona il campanello per essere cambiato e quando entro in stanza vedo che il vicino, che fino a un’ora prima stava bene, è morto". Come sono i ritmi di lavoro? « Infernali. Gli infermieri spesso ci danno una mano anche in mansioni che a loro non competono, come per esempio lavare il paziente o rifare il letto. Si corre tutto il turno che, soprattutto per medici e infermieri, va ben oltre. A noi hanno sospeso tutti i riposi. In questo momento non ci si risparmia. Non c’è neppure il tempo per mangiare e andare in bagno. Anche perché le modalità di vestizione sono lunghe e alla sola idea di togliersi le protezioni per poi rimettersele, tratteniamo la pipì e ci facciamo passare la fame. I reparti sono strapieni". E i pazienti? « I pazienti hanno paura. Soprattutto gli anziani. C’è un nonnino che ogni volta che passo a misurargli la febbre mi ringrazia con le lacrime agli occhi. Tutti ci chiedono di non essere abbandonati. Anche i pazienti giovani, che magari inizialmente avevano sottovalutato il problema, adesso hanno paura". Lei ha paura? "Io ho paura di essere contagiata e, malgrado tutte le precauzioni del caso, di portare il contagio in famiglia. La nostra vita è completamente cambiata. Mio marito dorme con la bambina che, a sua volta, è stremata e piange perché non posso abbracciarla. Ci manca uscire a fare una passeggiata. Ma adesso la nostra ora d’aria, a un metro e mezzo di distanza e io con la mascherina anche in casa, la viviamo sul balcone". Che cosa le manca? "La normalità: andare la domenica a pranzo da mia mamma, incontrare i miei fratelli e i miei nipoti. Far giocare la mia bambina con loro. Adesso i cuginetti giocano a distanza, con le videochiamate". Non ha mai pensato: resto a casa? "Non me lo posso permettere. Vado al lavoro per mantenere la mia famiglia. Mio marito è un libero professionista, da settimane ormai non lavora più. Andare ogni giorno nell’inferno di Covid-19 è l’unico modo che abbiamo per continuare a mangiare. Poi c’è chi potrebbe rimanere a casa ma non lo fa: cosa dici a queste persone? Sono arrabbiata: forse non hanno ancora capito quello che sta succedendo. Forse impareranno a non andare a correre solo quando entreranno nei reparti e nelle rianimazioni C’è ancora troppo menefreghismo da parte delle persone. Bisognava fin da subito adottare il modello Wuhan: chiudere tutto e poi ricominciare. Solo se seguiremo le indicazioni riusciremo a uscire da questo inferno".