Coronavirus, medici in prima linea: "Papà ha paura ma ci ripete: va tutto bene"

C’è chi ha preso la polmonite e chi cena a metri di distanza dai suoi: su Facebook i racconti anche dei loro familiari

Coronavirus, medici in prima linea

Coronavirus, medici in prima linea

Monza, 29 marzo 2020 -  «Ho avuto la polmonite da Covid, normale per chi come me fa il medico: l’ho presa presto, ho sviluppato gli anticorpi e quindi sono quasi guarito e spero di poter presto tornare a fare il mio lavoro: anche io sono intollerante a dieci giorni in un letto". Così scrive in un lungo post sul suo profilo facebook Giovanni Ciuffo, medico al Policlinico di Monza. I social sono diventati per i medici, gli infermieri e gli oss un canale per raccontare e riflettere quello che vivono dopo un turno in trincea mostrando quell’umanità che si nasconde dietro le protezioni, i sentimenti e la paura che li accompagnano durante il lavoro e quando, per chi può, torna a casa. Ma i social sono diventati anche il mezzo di comunicazione che i familiari adottano per parlare con i loro cari impegnati nelle corsie degli ospedali. Il dottor Ciuffo ha deciso di raccontare la sua esperienza personale per un motivo preciso: "Per invitare a riflettere sul senso delle cose".

È rimasto in contatto con i suoi colleghi che nel nosocomio di via Amati vivono immersi nell’inferno Covid-19. "Anche nel mio ospedale c’è guerra - prosegue il dottor Ciuffo -. La tragedia è che un intero blocco operatorio, dove normalmente si lavora per la vita, è diventato camera mortuaria". Il fermo obbligato dei giorni a letto e la fame d’aria hanno portato il dottor Ciuffo, così come altri suoi colleghi, a passare dalla parte di chi cura a quella di chi viene curato. Guardando anche a come cambierà la vita quando la pandemia, speriamo in fretta, sarà finita. "Sono pragmatico per formazione e lavoro - prosegue -. Non perdo di vista il dramma della malattia, quello economico e la difficoltà di rimettersi in piedi. Ma dobbiamo combattere la campagna più grande e difficile: quella di girarci indietro e rischiare di scoprire di non aver ancora incominciato a vivere".

Intenso , sempre sui social, il post della figlia di un medico che lavora in un ospedale brianzolo Covid-exclusive . "Non bacio e non abbraccio mio padre dall’11 marzo - scrive -. Cena da solo, dorme da solo, la distanza fisica è probabilmente la cosa che fa più male. Cerchiamo di ammazzarla nei suoi giorni liberi quando può pranzare o cenare con noi. Allora stiamo insieme, comunque lontani lui a capotavola e noi due metri più in là". Per la ragazza e per i suoi fratelli Covid-19 ha portato uno tsunami nella routine quotidiana. "Da quando è cominciata questa guerra – prosegue – per la prima volta negli umili 21 anni della mia vita ho visto mio padre preoccupato, amareggiato, stanco, triste".

I racconti di morti improvvise, in solitudine che lasciano il segno nel cuore di chi ha alle spalle decenni di corsia. "Mio padre non è un eroe - ribadisce orgogliosa la figlia -. È un uomo che fa il suo lavoro, lo fa bene e lo ama come la sua vita. Torna a casa con il naso gonfio e arrossato per la maschera che indossa, con la paura per essersi infettato per sbaglio o per sfortuna, ma questa paura non prova a trasmettercela neanche per un secondo. E continua a dire: va tutto bene".