Colloqui di pace a Istanbul, Peskov: "Tutto fermo". Lavrov: "Vicini a chiudere"

Per il portavoce del Cremlino, nessuna svolta nelle trattative: "Crimea nostra, è deciso". Ma il ministro degli Esteri lo smentisce: "Siamo a buon punto"

Lì'astuto portavoce del Cremlino. Dmitry Peskov, braccio destro di Putin

Lì'astuto portavoce del Cremlino. Dmitry Peskov, braccio destro di Putin

Istanbul - Versioni russe contrapposte sull'andamento dei colloqui di pace a Istanbul.  Secondo il portavoce del Cremlino, i negoziati tra Russia e Ucraina in Turchia frenano, sul nodo della territorialità. La Russia “non discuterà con nessuno lo status della Crimea, neppure durante i colloqui con l’Ucraina, considerando la penisola come territorio russo“, dice il capo della comunicazione di Putin, Dmitry Peskov. “La Crimea fa parte della Russia e secondo la nostra costituzione non possiamo discutere con nessuno del destino delle regioni e dei territori russi, è impossibile, è sancito dalla nostra costituzione”, ha precisato il deflino di Putin, rispondendo a una domanda sull’opzione di raggiungere un accordo con l’Ucraina sulla Crimea.

Secondo il ministro degli esteri russo invece "appare un progresso significativo che i negoziatori ucraini abbiano confermato la necessità di garantire uno status neutrale dell'Ucraina e la sua sicurezza al di fuori dell'Alleanza Nordatlantica", ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey  Lavrov aggiungendo che da parte dei colleghi ucraini c'è stata "la comprensione" che la questione della Crimea e del Donbass "sono state finalmente chiuse".  Il ministro ha aggiunto che i colloqui di Istanbul sono stati "un passo avanti positivo" ma "non c'è un risultato finale ancora".

Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte. La Russia, dice ancora Peskov,  considera positivamente il fatto che l’Ucraina abbia iniziato a formulare chiaramente per iscritto le sue proposte durante il nuovo round di negoziati ma non si può parlare di “alcuna svolta, anzi c’è molto lavoro da fare”. Per il resto, ha continuato il portavoce, “finora, non possiamo affermare che vi sia nulla di molto promettente“. Alla domanda sul motivo per cui i colloqui che avrebbero dovuto durare due giorni si sono svolti in poche ore ieri e sono stati sospesi, il funzionario ha affermato che non sono stati interrotti.

 “I colloqui si sono svolti e si sono conclusi. Le delegazioni si sono recate nei loro centri per coordinare e allineare ulteriormente le posizioni”. Peskov ha poi risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto di commentare la tesi ucraina secondo cui sara’ possibile firmare un accordo sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina esclusivamente dopo il ritiro di tutte le unita’ russe alle posizioni pre-invasione.

 “Se avete notato - ha risposto Peskov - stiamo accuratamente evitando qualsiasi dichiarazione sulla sostanza oggetto dei negoziati. Non ne stiamo discutendo in pubblico. Riteniamo che i negoziati debbano essere condotti in silenzio. A differenza di noi, sentiamo Facebook, megafono o quant’altro nella cacofonia delle voci dei rappresentanti ucraini, compresi quelli che non hanno nulla a che fare con i negoziati. Questo non e’ un elemento che aiuti il successo dei colloqui”.

Intanto l'Ucraina elogia l'oligarca russo Abrahmovic. «Un mediatore estremamente efficace tra le delegazioni» di Ucraina e Russia. Lo ha detto il negoziatore di Kiev e consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, Mikhailo Podolyak, citato da Ukrinform. Abramovich «modera in parte il processo, in modo che non ci siano malintesi all'ingresso», come può accadere «quando una parte dice qualcosa e l'altra parte non è così chiara, in termini di organizzazione del processo negoziale», ha spiegato Podolyak, esprimendo poi dubbi sul sospetto avvelenamento dell'oligarca, che sarebbe stato denunciato per esercitare pressione sulle delegazioni e impedire loro di concentrarsi sul merito dei colloqui. 

Peskov interviene poi, e di fatto apre a sorpresa, anche sugli Usa. «Gli insulti personali - ha affermato il portavoce Dmitry Peskov - non possono non lasciare il segno nelle relazioni tra i capi di Stato. Soprattutto gli insulti personali». Detto ciò, è inevitabile che Usa e Russia dovranno tornare ad un confronto più pacato sui temi «della stabilità, sicurezza e così via, nell’interesse dei due Paesi, ma anche nell’interesse del mondo intero». 

Un dialogo che sembra quasi impossibile in questo momento, mentre sull’Ucraina continuano a piovere i missili russi e gli Usa rispondono con i rifornimenti di armi all’Ucraina e gli appelli a più dure sanzioni contro Mosca. E, soprattutto, di fronte al crescendo di attacchi di Biden a Putin, con una serie di epiteti che vanno dall’«assassino» al «macellaio», fino all’affermazione di sabato sera a Varsavia, in cui ha invocato l’estromissione dal potere del capo del Cremlino. 

Di fronte alle critiche arrivategli tra gli altri dal presidente francese Emmanuel Macron e dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, Biden ha dovuto correggere il tiro, assicurando di non puntare a un cambio di regime a Mosca. Ma l’astio verso Putin è riemerso in un tweet postato nelle ultime ore sul suo account personale in cui definisce il presidente russo «un dittatore deciso a ricostruire un impero». Il nuovo attacco non ha impedito a Peskov di richiamare l’esigenza di un confronto costruttivo, senza però rinunciare a stigmatizzare quella che ha definito «la guerra economica dichiarata contro la Federazione russa».  

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