ELISA SERAFINI
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Myanmar, la popolazione "fantasma" e il sogno di elezioni democratiche

Il Paese era comunemente conosciuto come Birmania fino al 1989, quando il governo militare cambiò ufficialmente il nome. Ad agosto si voterà ma il rischio (reale) è di un peggioramento della situazione

Attivisti contro il colpo di Stato in Myanmar a Yangon Ph: Andrew PaKip

Bangkok - Chomden ha meno di trent’anni, non ha un cognome, o almeno, in Thailandia, dove è emigrata, non risulta registrato. Ha aperto un conto in banca a nome di “Chomden no lastname” (Bennu, nessun cognome”). Il suo nome significa “colei che supera le difficoltà”. Vive a Bangkok, la capitale della Thailandia e lavora come donna delle pulizie. Chomden fa parte degli oltre 2 milioni di immigrati birmani che vivono e lavorano in Thailandia. Un numero raddoppiato in dieci anni, a causa dell’instabilità politica del Paese.

Myanmar e Birmania: due nomi per lo stesso Paese

Chonden chiama il suo paese “Burma” (Birmania) e non Myanmar. Il Myanmar era comunemente conosciuto come Birmania fino al 1989, quando il governo militare cambiò ufficialmente il nome in Myanmar. Il cambio di nome non è stato universalmente riconosciuto, e molti Paesi e organizzazioni hanno continuato a usare il nome Birmania anche come forma di protesta verso le violazioni dei diritti umani contestate alla Giunta militare.

La crisi politica e il colpo di Stato del 2021

Il Myanmar sta affrontando una crisi politica molto seria: il primo febbraio 2021 i militari hanno rovesciato il governo eletto solo pochi mesi prima, con un colpo di Stato, arrestando la consigliere di Stato, attivista e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi e il presidente Win Myint. Il colpo di Stato ha scatenato proteste diffuse e un movimento di disobbedienza civile, portando a una repressione da parte dell'esercito che ha provocato numerosi morti e arresti, sfociando in una vera e propria guerra civile. La comunità internazionale ha condannato il colpo di Stato e ha imposto sanzioni economiche all'esercito, ma la situazione, a livello locale, rimane tesa, con continue proteste e richieste di rilascio dei prigionieri politici e di ripristino della democrazia. Dal colpo di Stato si stima che oltre un milione di persone abbiano dovuto lasciare il Paese o la propria casa, per poter vivere in sicurezza.

Il miraggio di un’elezione democratica per il 2023

A distanza di due anni dal colpo di Stato, i vertici militari stanno preparando il Paese al voto, previsto, secondo la Costituzione, entro il prossimo agosto. Si tratta di elezioni che difficilmente potranno avere una legittimità democratica: con milioni di persone sfollate (all’interno e all'esterno del Paese), e il realistico rischio di ritorsioni. Il governo di Min Aung Hlaing, che guida la Giunta militare, non ha fissato una data per le elezioni, ma pochi giorni fa ha assegnato a tutti i partiti politici due mesi di tempo per registrarsi presso la commissione elettorale. Il coinvolgimento dei partiti, anche di opposizione, è però una strategia più che comune all’interno dei contesti di dittatura. L’obiettivo è dare percezione di legittimità, anche apparente. Oggi i Paesi e le organizzazioni internazionali sono impegnate sul fronte della Guerra in Ucraina e lo spazio per un dibattito pubblico sulla situazione in Myanmar, fatica a trovarsi. Qualsiasi sarà l’esito, sarà difficile che le violenze possano davvero cessare, senza un reale coinvolgimento internazionale.