Il presidente George W. Bush e il discorso per l'attentato alle Torri Gemelle

La retorica del mondo diviso nel bene e nel male e i primi semi della dottrina della Guerra preventiva nelle parole del presidente dopo gli attacchi

Il presidente Bush durante il discorso alla Nazione

Il presidente Bush durante il discorso alla Nazione

L'11 settembre del 2001, alla fine del giorno più lungo, seduto alla sua scrivania nell Studio ovale, George W. Bush pronunciò un accorato discorso alla nazione che conteneva già i semi di quanto sarebbe successo nei mesi e negli anni successivi, seppure nell'incertezza di un momento in cui ancora si contavano i morti. Un mondo diviso tra buoni e cattivi, l'America come patria della libertà attaccata dal male assoluto, e - soprattutto - la necessità di attaccare per difendersi. Nelle parole di Bush junior c'è tutta la retorica tipica della politica estera (a uso anche interno) degli Stati Uniti e anche un passo in più nelle strategie militari. 

Il discorso di Bush: il bene e il male

"Oggi i nostri cittadini, il nostro modo di vivere, la nostra stessa libertà sono stati attaccati in una serie di atti terroristici deliberati. (...) Migliaia di vite sono state strappate all'improvviso da attacchi terroristici spregevoli e malvagi. (...) Questi attacchi intendevano spaventare la nostra nazione, gettarla nel caos, spingerla a indietreggiare. Ma hanno fallito. Il nostro Paese è forte. (...) Possono scuotere le fondamenta dei nostri edifici più grandi, ma non possono toccare le fondamenta dell'America. (...) L'America è stata attaccata perché siamo, nel mondo, il faro più luminoso della libertà e dell'oppotunità.

"E nessuno spegnerà questa luce. Oggi la nostra nazione ha visto il male - il peggio della natura umana - e noi rispondiamo con il meglio dell'America". 

La teoria della guerra preventiva

Fino a quel momento le tradizionali strategie della politica estera americana si erano basate sui principi di deterrenza e containment. L'11 settembre 2001 imprime una svolta verso una politica più attiva, secondo il principio della "guerra preventiva" che sarà poi alla base deglle operazioni militari immediatamente successive. Ma i germi di questa virata si trovano già nel primo discorso di Bush post attacco: "Stiamo già cercando chi si nasconde dietro questi atti malvagi. Ho indirizzato tutte le risorse della nostra intelligence per cercare i responsabili e portarli di fronte alla giustizia". 

"Non faremo distinzioni tra i terroristi che hanno commesso gli attacchi e chi li ha armati. Nessuno di noi dimenticherà mai questo giorno e andremo vanti a difendere la libertà e tutto ciò che c'è di buono e giusto nel mondo".

Verso le operazioni militari

Nove giorni dopo la teoria della guerra preventiva viene chiarita in un intervento davanti al Congresso riunito: "Le nazioni che danno aiuto o un porto sicuro al terrorismo saranno perseguite. Ogni Paese, in ogni regione, ora deve prendere una decisione. Stare con noi o con i terroristi. Da oggi in poi ogni Paese che continuerà a ospitare o aiutare terroristi sarà considerata dagli stati uniti come regime ostile". 

E' questa la giustificazione, l'ombrello sotto la quale viene collocata ogni decisione della "Guerra al terrore", l’avvio dell’operazione Enduring Freedom: contro il regime dei Talebani in Afghanistan, contro i campi di addestramento di Al Qaeda nelle province di nord-ovest del Pakistan, nelle Filippine, nel Corno d’Africa e nel Trans-Sahara. Il resto è storia ma anche tragico presente.