Nell’attico violenze e droga a fiumi: crepe nel muro dell’omertà vip

Milano, la difesa del re delle startup Alberto Genovese al contrattacco: "La storia non è come appare". Prime ammissioni sulle feste esclusive

Alberto Maria Genovese

Alberto Maria Genovese

Milano, 11 novembre 2020 -  «La vicenda non è come appare". Oggi è il giorno in cui prende la parola la difesa di Alberto Genovese, il top manager milionario in carcere da sabato sera con l’accusa di avere stuprato e drogato per venti ore una aspirante modella di 18 anni, dopo averla tenuta segregata per quasi due giorni nella camera da letto del suo lussuosissimo appartamento a due passi da Duomo. "Pur essendo ancora al vaglio il quadro probatorio, ci sono molte zone d’ombra nella ricostruzione delle ore che Genovese e la persona offesa hanno passato insieme. La vicenda è più complessa di quanto appare e risulta doveroso un approfondimento di molti temi sui quali noi stessi abbiamo disposto degli accertamenti di parte". Così spiegano in una nota i legali di Genovese: Davide Luigi Ferrari e Marco Stucchi.

«Da ultimo - proseguono - ci preme sottolineare come Genovese non abbia mai avuto intenzione di scappare, né tantomeno a bordo di un jet privato che, come abbiamo dimostrato, non possiede". In attesa di definire i dettagli legali di una storiaccia che apre uno spaccato sulla peggiore faccia di Milano, quella violenta e depravata, la Milano dei senza anima e senza scrupoli, quella del denaro, della coca e delle modelle, gli inquirenti sono al lavoro per mettere insieme tutti gli istanti dei filmati dell’orrore dello stupro. Sono proprio quelle immagini che gli stessi investigatori della Mobile, guidati da Marco Calì e coordinati dal procuratore aggiunto Letizia Mannella, hanno definito "raccapriccianti" ad incastrare l’imprenditore, incoronato personaggio dell’anno nel 2018, osannato dal mondo della Finanza, che oggi ne prende le distanza, quasi nessuno ammette di conoscerlo.

Non solo le immagini, che ovviamente sono la "pistola fumante", sono una prova, ma anche i vestiti della giovane trovati nell’appartamento di Genovese, perché la 18enne pur di fuggire non ha nemmeno cercato di vestirsi, è scappata coperta solo di un lenzuolo, senza una scapa e lui non ha provato a nascondere gli abiti di lei insanguinati, né a lavare le lenzuola, e le manette usate per telenerla ferma erano ancora nel cassetto del comodino. La giovane si è salvata, è uscita viva per miracolo da quella notte di torture, perché per chi ha letto le carte che hanno portato il gip a convalidare l’arresto di questo si tratta, di tortura. Oltre alle violenze sadiche, le ha messo per otto secondi il cuscino sul viso, poteva morire. Ora, per la 18enne, comincia la parte più difficile, quella del recupero dal punto di vista psicologico. Le indagini degli investigatori si orientano anche alla ricerca di altre vittime. Tutti quelli che sapevano e non hanno parlato, oggi che il "re" è caduto cominciano a fare le prime ammissioni su quelle feste riservate in cui la droga "rosa" da 4.000 euro al grammo veniva servita su vassoi d’argento agli invitati e rifornita alla stessa velocità e quantità dei bicchieri di champagne. Tutto gratis, in cambio di una selezionata presenza di giovani e belle, che lasciavano rigorosamente il telefono all’ingresso, perché dentro l’appartamento erano vietate riprese e telefonate. Il costo dell’"esclusività". E così pare che la lista delle donne vittime sia destinata ad allungarsi.

«Ho saputo - ha messo a verbale una ragazza - che girano delle voci su Genovese, nello specifico si dice che lui e la sua ex fidanzata, di cui non so il nome, erano soliti drogare le ragazze alle loro feste private per poi violentarle insieme". Da queste e altre dichiarazioni, come quelle di una ragazza che ha raccontato di aver subito violenze da Genovese ad Ibiza, parte il secondo filone di indagini. Saranno ascoltati di nuovo diversi testimoni e lo stesso Genovese potrebbe essere sentito a giorni dai pm. La giovane che sarebbe stata violentata a Ibiza ha raccontato anche di non aver avuto il coraggio di denunciare prima. "Ho avuto e ho anche ora il timore che Alberto (Genovese ndr) possa anche in via trasversale fare del male non tanto a me quanto ai miei genitori. Vivo con loro e non voglio che si venga a sapere nulla, voglio che loro ne restino fuori".  

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