Una cupa metafora sul potere fascista

Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo film girato da Pier Paolo Pasolini, in pratica non uscì mai nella sale, bloccato dalla censura. È una cupa e spietata metafora a sfondo politico e sessuale, dove quattro rappresentanti dei poteri della Repubblica sociale (un nobile, un giudice, un banchiere e un vescovo) incaricano le SS e i soldati repubblichini di rapire un gruppo di ragazzi e ragazze per rinchiudersi con loro in una villa di campagna.In fase di montaggio vennero rubate al produttore Alberto Grimaldi alcune pizze di film tra cui il Salò. Una tesi investigativa (non provata) sostiene che quando andò all’appuntamento a Ostia, la sera in cui venne ucciso, Pasolini in realtà sperasse di recuperare proprio le scene mancanti del suo film.

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