
Villois E voilà i saluti al 2024 e gli auspici per il 2025 seguono un’unica linea, ma con diversi paradigmi, tra...
Villois
E voilà i saluti al 2024 e gli auspici per il 2025 seguono un’unica linea, ma con diversi paradigmi, tra incertezze e fragilità. Milano come da alcuni decenni a questa parte si differenzia in positivo per l’intero sistema socio-economico. L’anno che se ne va lascia poche cose da ricordare, molte da dimenticare che a livello internazionale sono determinate dai conflitti in continua crescita, dalla difficolta per l’Occidente di rifornirsi di materie prime, dall’instabilità politica in buona parte d’Europa, con l’unica eccezione del nostro Paese che risulta essere l’unico con un Governo in sella e ben sostenuto dai sondaggi. A livello interno a dominare la scena socio-economica è l’accentuarsi della deindustrializzazione, dalla crisi dell’automotive all’aumento della povertà e al sostanzioso calo della capacità di spesa e dei consumi di quello che fu il primo ceto per dare impulso alla qualità della vita economica, quello medio. Difficile - per non dire impossibile - che lo scenario a livello europeo possa cambiare nel nuovo anno. Serve trovare un nuovo paradigma per rilanciare la domanda dei consumi e in primis dell’auto, vista l’importanza che ricopre a livello di occupazione diretta e indotta nei Paesi-guida dell’area euro con l’Italia in posizione delicata, non disponendo più di un grande gruppo a capitale italiano e con impianti di produzione attivi e una filiera ampissima ma costituita da piccole e medie imprese soggette a volontà di capi filiera esteri, poco interessati alle componenti sociali e molto al proprio profitto. Al problema automotive si è aggiunto quello dell’abbigliamento, di ogni fascia compreso il lusso, anche qui con capi filiera sempre più stranieri e rischio chiusure o ridimensionamenti all’ordine del giorno. Milano, grazie alla lungimiranza di un sistema integrato tra società civile, politica e pubblica amministrazione ha saputo costruire un modello quasi inossidabile alle tensioni industriali, con però un lampante rischio di un esagerato costo della vita che si diffonde, non distinguendo il primissimo centro dalle altre realtà.