"Non voglio". Ragazza di 19 anni massacrata a coltellate

Milano, paga il rifiuto con la vita. Fermato il tranviere che la ospitava

Carabinieri in via Brioschi, nel riquadro la vittima Jessica Valentina Faoro

Carabinieri in via Brioschi, nel riquadro la vittima Jessica Valentina Faoro

Milano, 8 febbraio 2018 - Uccisa a coltellate nel cuore della notte. Forse per aver reagito all’approccio dell’uomo che la ospitava da un paio di settimane. È morta così Jessica Valentina Faoro, 19 anni. A ucciderla, stando a una prima ricostruzione, è stato Alessandro Garlaschi, tranviere 39enne che vive con la moglie in un condominio abitato solo da dipendenti di Atm, l’azienda del trasporto pubblico locale, e che a fine gennaio aveva preso in casa, in subaffitto, la giovane con cui era entrato in contatto tramite un annuncio on line.

L’allarme scatta alle 10.30 di ieri dallo stabile di via Brioschi 93, periferia sud di Milano, a poche decine di metri dalla palazzina esplosa nel giugno 2016 per mano del pubblicitario Giuseppe Pellicanò. Ed è proprio Garlaschi, con i vestiti sporchi di sangue, a presentarsi in portineria: «Ho una ragazza morta in casa, ho fatto un guaio enorme». Sul posto arrivano gli agenti delle Volanti e della Squadra mobile: nel bilocale al secondo piano c’è il cadavere di Jessica, colpita con due fendenti a torace e addome; sembra che il corpo fosse semichiuso in un borsone, come in un tentativo rimasto a metà di far sparire il corpo. Garlaschi farfuglia versioni sconclusionate: «È nata una colluttazione mentre mi stava facendo un’iniezione». Nel pomeriggio, le prime ammissioni davanti al pm Cristina Roveda. Scatta il fermo. E poco prima delle 16 l’uomo viene portato fuori: le manette nascondono a fatica le bende sui polsi. Quei polsi che il 39enne, preso dal panico, avrebbe provato a tagliarsi dopo aver invano cercato di occultare il cadavere: alcuni segni sugli arti farebbero ipotizzare un tentativo di depezzamento; Garlaschi avrebbe pure cercato di bruciare i resti di Jessica. «Sei un mostro, devi marcire in galera», urlano i vicini di casa, che l’hanno descritto come persona «taciturna e schiva».

Lui come la moglie V.E., che non avrebbe avuto alcun ruolo in questa vicenda. Garlaschi ha detto di averla accompagnata la sera prima a casa della suocera, escludendola quindi dalla scena del delitto. Una versione che all’inizio pareva in contraddizione con altri elementi raccolti dagli inquirenti; tuttavia, sembra che a fine giornata gli investigatori abbiano escluso un suo coinvolgimento sia nelle fasi dell’omicidio che in quelle del tentativo di occultare il corpo. Tra i due ci sono stati periodi molto burrascosi in passato. Per colpa di lui, che a un certo punto l’aveva lasciata per una collega e inquilina della stessa scala di via Brioschi 93; una storia, quest’ultima, finita con una denuncia per atti persecutori datata 2014. I due erano tornati insieme, cambiando però appartamento. A fine gennaio era comparsa Jessica: «Pensavamo fosse la figlia di un nostro collega», dicono due residenti. E in effetti lo era: il padre è un autista della metropolitana 2, ma abita in tutt’altra zona della città e pare vedesse solo di rado i figli (Jessica e il fratello più piccolo) dopo la separazione dalla moglie. Uno degli aspetti ancora da approfondire e accertare è proprio legato alla presenza della 19enne in quella casa: che ci faceva lì? È vero che pagava un posto letto aiutando la coppia nelle faccende domestiche? Fino a un paio di mesi fa, la ragazza, che in passato aveva avuto una gravidanza finita con una neonata data in adozione, postava sui social messaggi d’amore per un fidanzato col quale «litigava spesso» e annunci in cui chiedeva aiuto per trasportare mobili per una nuova casa. Progetti naufragati alle 4 di notte.

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