Studenti e migranti, sui treni lombardi boom di rider pendolari

Ogni giorno partono dalle province per raggiungere Milano: "Guadagniamo da vivere pedalando"

Un rider pendolare

Un rider pendolare

Milano, 17 febbraio 2019 - Biciclette e giacche colorati, contenitori termici con i loghi delle società divenute simbolo della gig economy. Partono ogni giorno dalle province lombarde, dai paesi e dalle cittadine dell’hinterland, diretti in treno verso Milano, dove si guadagnano da vivere pedalando. Tornano a casa di sera, dopo le 22, quando finiscono le consegne di cibo in case e uffici della metropoli, mescolandosi tra i frequentatori abituali dei treni serali: impiegati che hanno fatto gli straordinari, giovani di ritorno dai locali della movida, lavoratori fuori dagli orari di punta. Sono rider pendolari, sempre più presenti sui convogli che collegano Milano alle città lombarde. Ci sono studenti che vogliono rendersi indipendenti dai genitori, giovani che non riescono a trovare un’occupazione stabile e per ora si accontentano, stranieri che pedalando riescono a mantenere la famiglia rimasta nel Paese d’origine, richiedenti asilo.

«Abito a Varese, ogni giorno carico la mia bicicletta sul treno e vengo a Milano a lavorare», racconta Joseph, 31 anni, che cinque anni fa è arrivato in Italia dal Senegal, dove sono rimasti la moglie e la figlia. «Riesco a guadagnare circa mille euro al mese - prosegue - per vivere e mandare qualche soldo a casa devo fare anche altri lavori, tutti i giorni della settimana. Finora non sono riuscito a trovare impieghi più stabili, almeno lo stipendio da rider arriva puntuale». Per loro vale la flessibilità più estrema: candidature online, nessun vincolo di orari, poche tutele e zero prospettive, un rapporto di lavoro che da un giorno all’altro può terminare. Simboli della gig economy, “economia dei lavoretti”, che coinvolge sempre più persone: in Italia, secondo gli ultimi rilievi, sono circa 10mila i rider. E Milano è la capitale di questo modello di lavoro.

«Per noi è quasi un passatempo», spiegano Matteo e Simone, sul treno che collega Milano a Saronno. «Stiamo studiando all’università - proseguono - per ora va bene così, anche perché ci piace andare in bicicletta. Per tanti, però, questo è un lavoro vero». Per ripararsi dal freddo nelle sere d’inverno usano guanti, maglie termiche e cappelli. Le loro biciclette occupano lo spazio tra due carrozze, sul convoglio di Trenord. «Io prendo cinque euro fissi all’ora - racconta Simone - altri sono pagati sulla base dei chilometri percorsi, il centro è la zona migliore. Mi capita di lavorare anche dopo le 23, perché la gente ormai ordina da mangiare a tutte le ore». Tra i rider pendolari circolano leggende, come quella di chi riesce e a guadagnare fino a cinquemila euro al mese a partita Iva. E il posto fisso appare un miraggio. «Non voglio fare questo lavoro per tutta la vita - sottolinea Angelo, 28 anni, originario dell’Ecuador -. Meglio andare in fabbrica, almeno lì se ti fai male non ti scaricano. Poi mi hanno rubato la bicicletta mentre lavoravo, e ho dovuto ricomprarla. Tutti parlano, ma finora nessuno si è mosso per i nostri diritti».

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