"Ho commesso tanti errori ma ho pagato tutti i miei debiti con la giustizia, ora mi stanno togliendo la possibilità di vivere". Roberto Orena, 46 anni, è uscito dal carcere di Opera il 27 dicembre del 2018. Ha finito di scontare in quella data 4 anni di reclusione per estorsione e altri reati. Nell’aprile del 2019 ha chiesto il reddito di cittadinanza e lo ha ottenuto, perché all’epoca veniva escluso solo chi aveva sulle spalle una condanna definitiva per reati come quelli legati a mafia e terrorismo. "Da allora ho preso legittimamente da 434 a 500 euro al mese – racconta – e in tutto questo tempo sono stato contattato dal centro per l’impiego ma non ho ricevuto alcuna offerta di lavoro". Offerte che dovrebbero essere un punto cardine nell’impianto del reddito di cittadinanza, come volano per uscire dalla pubblica assistenza e iniziare una vita autonoma. Lo scorso aprile il sussidio è stato revocato, e Orena ha avviato un ricorso all’Inps. "L’istanza di riesame si deve intendere respinta", gli ha comunicato l’istituto previdenziale specificando che dallo scorso primo gennaio è stata ampliata la platea dei reati ostativi, che non danno diritto a ricevere il sussidio. Tra questi c’è anche quello di estorsione. E la condanna di Orena è diventata definitiva nel 2016, "prima del decennio stabilito dalla normativa".
Per numerosi pregiudicati, quindi, è scattata la revoca del sussidio. Misure più restrittive che hanno fatto seguito alle polemiche su condannati per gravi reati che incassavano soldi pubblici. Ma c’è anche un rovescio della medaglia. "Da un giorno all’altro mi hanno tolto un diritto – racconta Roberto Orena – e sono rimasto senza un reddito, senza quei soldi che mi servivano per vivere. Mi sono allontanato da ambienti criminali ma purtroppo, con il mio passato, è impossibile trovare un lavoro autonomamente".i
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