Milano, Jasmine riportata in Bangladesh con l'inganno: "Io, prigioniera di mio padre"

La 22enne chiede aiuto ai volontari milanesi: "Violenza e ferocia, voglio tornare"

I segni di violenza sul corpo della ragazza 22enne

I segni di violenza sul corpo della ragazza 22enne

Milano, 6 giugno 2018 - «Ho paura, specialmente di mio padre. È un uomo ferocissimo. Mi ha riportato in Bangladesh con l’inganno e ora sono prigioniera qui. Io voglio tornare in Italia. Vi prego, salvatemi». Jasmine, nome di fantasia, ha appena compiuto 23 anni e lancia il suo appello «per la libertà». Al “Giorno” racconta - via Messenger - che i suoi genitori vorrebbero costringerla a sposare un uomo che lei non desidera.

Da quando sei in Bangladesh?

«Sono nata in Bangladesh. Quando avevo 5 anni mi sono trasferita in Italia coi genitori, mi sento più italiana che bengalese. Sei anni fa mio padre mi rimandò al nostro Paese d’origine con l’inganno, dicendomi che mi avrebbe fatto ritornare. Avevo un biglietto di andata e ritorno ma, una volta in Bangladesh, mi è stato nascosto. I miei genitori hanno lasciato che scadesse il mio permesso di soggiorno, ora vorrei scappare ma non so come fare».

Adesso stai studiando?

«Sì. Frequento l’ultimo anno delle superiori. Dopo vorrei studiare Scienze dell’alimentazione ma sto cercando di prendere tempo, perché appena prenderò il diploma i miei genitori cercheranno di farmi sposare un ragazzo con un matrimonio combinato. La cosa peggiore è che non posso scegliere io con chi sposarmi. È assurdo per me, ma normale per loro».

I tuoi genitori abitano con te?

«Mia madre sì. Mio padre vive e lavora in Italia».

Mostri foto con lividi e graffi. Vieni maltrattata?

«Lo scorso marzo, quando mio padre era in Bangladesh, gli avevo chiesto per l’ennesima volta di ritornare in Italia. Ma lui si è opposto, è convinto che io sia influenzata dalla cultura occidentale. Quando ero in Italia mi aveva impedito di andare a scuola, alle superiori. Io sono uno spirito libero e a lui questo non sta bene. Sono stata picchiata dai miei genitori per questo motivo. Ho due sorelle più piccole e la mia famiglia crede che io rappresenti un cattivo esempio. Sono anche atea ma ho paura di dirlo: penso che mi ucciderebbero».

Puoi uscire?

«Sì ma non posso allontanarmi troppo e non posso uscire senza motivi validi. In più, devo sempre tornare a casa prima di sera. E sono tenuta a seguire delle regole».

Quali?

«Devo sempre tenere telefonino (senza a internet) addosso. I miei familiari controllano le mie chiamate. Non posso vestirmi come voglio, devo sempre coprirmi, non posso mettere jeans stretti. Vorrebbero che indossassi il burqa».

Come fai ad accedere a internet?

«Grazie al wifi e “rubando” il collegamento internet a mia madre».

A chi hai chiesto aiuto?

«A diverse associazioni (tra cui il milanese Progetto Aisha, che contrasta la violenza e la discriminazione contro le donne, ndr) e sto cercando di contattare l’Ambasciata. Spero che qualcuno possa aiutarmi. Io ho tanta paura».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro