"Non si voleva indagare su Amara per non turbare il processo Eni"

Assolto in primo grado per aver consegnato i verbali “segreti“ all’ex membro Csm ha spiegato perché lo fece

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"Per me era stato avvertito il Csm. Sono andato da Davigo perché lo trovavo normale. Quello che è accaduto e sta accadendo, lo trovo lunare".

Così il pm milanese Paolo Storari (nella foto), sentito a Brescia nel processo in cui Piercamillo Davigo, ex consigliere del Csm, risponde di rivelazione del segreto di ufficio. Storari, che più volte si è commosso, ha ripetuto di aver sollecitato più volte le indagini sulle dichiarazioni rese dall’ex legale esterno Eni Piero Amara – trovando nell’ex procuratore Francesco Greco (la cui posizione è stata archiviata) e nella sua vice Laura Pedio (per cui è stata chiesta l’archiviazione), titolare del fascicolo di cui lui era co-assegnatario, "un muro di gomma". E questo, ha aggiunto, "perché non si voleva disturbare il processo Eni-Nigeria" cui i vertici della procura tenevano moltissimo, finito poi con tutte assoluzioni. Amari aveva sostenuto l’esistenza della loggia Ungheria, di cui avrebbero fatto parte molte persone note e anche diversi magistrati. Ma MIlano non indagò. Storari ha raccontato che per aver predisposto la scheda in vista delle iscrizioni nel registro degli indagati fu "minacciato di procedimento disciplinare" dai vertici dell’ufficio. Da lì la decisione di rivolgersi a Davigo. Nella prima metà dell’aprile 2020, "gli telefonai dicendogli che c’era una persona che riferiva di fatti gravi, di una loggia che coinvolgeva le istituzioni e la magistratura e che avevo necessità di parlargli". Davigo, "che conosco, ma non è un mio amico, mi aveva spiegato che a lui non era opponibile il segreto perché era un componente del Csm. Mi disse che i fatti erano gravissimi" e che avrebbe riferito all’ufficio di presidenza del Csm.

Per Storari, Amara tra i vertici della procura di Milano aveva "una credibilità a geometra variabile".E ha raccontato dell’iniziativa dell’ex procuratore Greco e dell’aggiunto Pedio di portare a Brescia "due righe" estrapolate dai verbali di Amara in cui affermava di aver saputo da un avvocato che i legali di Eni e del suo amministratore delegato "hanno avvicinato il presidente del collegio" del processo con al centro le vicende della Nigeria.

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