Nando Dalla Chiesa e la mafia: "L’eredità di mio padre? Il Ros e l’applauso della folla"

Il figlio del generale ucciso da Cosa Nostra: il “metodo“ oggi celebrato fu accolto da diffidenze "Mentalità cambiata grazie alle vittime e ad anni di lavoro"

Il sociologo e attivista antimafia Nando Dalla Chiesa

Il sociologo e attivista antimafia Nando Dalla Chiesa

Milano - Nella mente di Nando Dalla Chiesa, subito dopo l’arresto del boss di Cosa Nostra Metteo Messina Denaro, si sono accavallati diversi pensieri. "Un risultato che è anche l’eredità del sacrificio di uomini dello Stato come mio padre Carlo Alberto – spiega – ma anche di tanti anni di lavoro silenzioso per diffondere la cultura della legalità che non è stato vano, come hanno dimostrato gli applausi spontanei dei palermitani, rivolti ai carabinieri". Un’indagine eseguita con il "metodo Dalla Chiesa", il generale ucciso il 3 settembre 1982 da Cosa Nostra a Palermo, sintetizzato dal comandante del Ros Pasquale Angelosanto: studio dei fenomeni a attività dinamica di controllo sul territorio.

Nando Dalla Chiesa, come legge questo nuovo capitolo nella storia della lotta alla mafia?

"È un grande successo, arrivato dopo tanti anni di indagini che non si sono mai fermate e ottenuto grazie al lavoro egregio dei carabinieri".

Un risultato che è anche frutto del sacrificio di uomini come suo padre.

"Lo stesso Ros (l’organo investigativo dell’Arma con competenza centralizzata su criminalità organizzata e terrorismo, ndr) è un’eredità di mio padre, che ha gettato le basi per lo sviluppo di reparti speciali e di un coordinamento nelle indagini antimafia. Visti con gli occhi di oggi sembrano risultati acquisiti, ma non bisogna dimenticare che quello che ora viene celebrato come “metodo Dalla Chiesa“ all’epoca si era scontrato con diffidenze e incomprensioni. Se c’è stato un cambio di mentalità è anche grazie al sacrificio di persone che hanno avuto il coraggio di battersi".

Che cosa ha pensato dopo l’arresto di Messina Denaro?

"Ho pensato in primo luogo che non esistono persone invincibili o imprendibili. Poi che questo arresto è di certo frutto dell’indagine di un reparto specializzato, come il Ros. Il terzo pensiero è che, ancora una volta, emerge il tema mafia-sanità. Infine mi hanno colpito gli applausi ai carabinieri, spontanei, arrivati da semplici cittadini di Palermo e non da attivisti antimafia. Questo significa che gli sforzi per l’educazione alla legalità, anche nelle scuole, non sono stati vani. Significa che la mafia non è sconfitta ma la mentalità delle persone sta cambiando. La latitanza di Messina Denaro era un simbolo, una sfida allo Stato, e con il suo arresto si chiude una pagina nera. È un colpo, anche psicologico, per Cosa Nostra. È chiaro che un boss può essere sostituito, ma non è semplice e immediato come sostituire un capo ufficio".

Da milanese che ricordo ha della strage di via Palestro?

"In quel periodo ero parlamentare, e quel giorno mi trovavo a Roma. Ricordo gli attentati alle chiese di Roma e, subito dopo, ho saputo di via Palestro. Ho pensato: tutto questo è opera della mafia".

In questi giorni la Rai sta trasmettendo la fiction sulla figura di suo padre. Qual è la sua impressione?

"Gli autori ci hanno consultato a lungo durante la scrittura, penso che la figura di mio padre e la nostra famiglia siano ben ricostruite".

 

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