Scoppia il caso moschea di Segrate: «E' all'interno di Milano, via ai controlli»

Dopo 26 anni il Comune si accorge che la moschea "di Segrate" si trova, in realtà, all'interno dei confini di Milano. Majorino: "Ora voglio vederci chiaro" di Giambattista Anastasio

Una moschea (Newpress)

Una moschea (Newpress)

Milano, 24 settembre 2014 - Un caso che ha dell’incredibile: il Comune ha fatto sapere di aver scoperto solo di recente che la storica moschea «Al Rahman» di Segrate, inaugurata nell’ormai lontano 1988, è stata in realtà costruita sul territorio di Milano. Che è proprio Palazzo Marino ad avere giurisdizione su quei 658 metri quadrati dedicati alla preghiera e sormontati da un vero e proprio minareto in via Cassanese 3. La comunicazione è stata data, «ma a mezza bocca», nel corso dell’assemblea plenaria del Pd tenutasi lunedì, assemblea alla quale erano presenti pure gli assessori democratici. La scoperta è avvenuta nell’ambito di quel tavolo coi rappresentanti delle comunità di fede diversa da quella cattolica nel quale il Comune si dibatte da tre anni. Per l’esattezza, quando la «Comunità islamica di Milano e Lombardia», l’associazione guidata da Abu Swhaima che gestisce la moschea «Al Rahman», ha fatto capire di volersi iscrivere all’Albo delle confessioni religiosi del Comune, sfruttando la proroga concessa da Palazzo Marino. È allora che sono scattati gli accertamenti di rito, è allora che l’attuale amministrazione ha scoperto l’esatta collocazione della moschea. A confermare che s’è trattato proprio di una scoperta è Pierfrancesco Majorino, l’assessore che ha infine ereditato l’incombenza di coordinare il tavolo con le comunità religiose e di redigere il bando per i nuovi luoghi di culto.

Tre anni trascorsi a discutere della necessità di dotare Milano di una vera moschea in sostituzione di quelle aperte fino a qui in garage o locali di ogni sorta, e poi si scopre che Milano una vera moschea ce l’ha già. Il punto è capire quali ricadute possa avere, ora, tale scoperta. È lo stesso Majorino a rispondere: «Adesso dobbiamo vederci chiaro, dobbiamo semplicemente capire se sia tutto in regola dal punto di vista delle carte, dei permessi e delle autorizzazioni. O, detto altrimenti: quale rapporto e interlocuzione abbiano avuto, se ne hanno avuti, i rappresentanti del Centro islamico con le Giunte comunali che ci hanno preceduto, spesso espressione di quel centrodestra che oggi attacca la nostra scelta di consentire l’apertura di nuovi luoghi di culto islamici e ieri, invece, non si interessava di quanto avveniva nei confini della città che governava». Non è tutto: «Sì, oltre a permessi e autorizzazioni – risponde, a domanda, Majorino – dovremo anche vagliare lo statuto dell’associazione che ha costruito e che gestisce la moschea, come abbiamo fatto con tutte le altre realtà, e accertarci che questo sia in linea con i requisiti da noi fissati per poter essere iscritti all’Albo». In sintesi, sul piano pratico si potrebbe scoprire che, dopo 26 anni di apertura e attività, la moschea fin qui conosciuta come «moschea di Segrate» non ha i requisiti per essere riconosciuta. Sul piano politico, invece, Majorino sferza l’opposizione e sottolinea come l’apertura alle moschee e delle moschee non sia prerogativa dell’attuale Giunta ma abbia, piuttosto, padrini antichi. «Abbiamo avuto l’autorizzazione dall’allora sindaco di Milano Paolo Pillitteri – ricorda Shwaima –, è tutto in regola: la moschea sorge nel territorio di Milano, lo sappiamo da sempre, mentre la sede amministrativa e legale della nostra associazione sta a Segrate».

giambattista.anastasio@ilgiorno.net

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro