REDAZIONE MILANO

Morto dopo l’inseguimento

Cinquantasei giorni di cronaca depurati dal rumore della politica. Otto settimane da ripercorrere tappa dopo tappa, al netto dell’infinita serie di...

Cinquantasei giorni di cronaca depurati dal rumore della politica. Otto settimane da ripercorrere tappa dopo tappa, al netto dell’infinita serie di commenti più o meno (dis)informati che si sono sedimentati (non senza generare polemiche e confusione) sul fondo di una storia iniziata alle 3.40 del 24 novembre.

È la storia di un inseguimento partito nel cuore della movida di corso Como e terminato dall’altra parte della città, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. Lì è morto il diciannovenne Ramy Yehia Awwad Nady Elgaml, passeggero del TMax guidato dall’amico ventiduenne Fares Bouzidi. Lì si sono intrecciati per sempre i destini di due ragazzi del Corvetto e di sei carabinieri del Nucleo Radiomobile, che per venti minuti hanno tallonato quel motorino che non si era fermato all’alt: il vicebrigadiere al volante della Giulietta uscita di strada dopo lo scooter, che per primo ha cercato di salvare la vita a Ramy, è indagato come Fares per omicidio stradale. Altri due militari sono accusati di aver costretto un testimone a cancellare un video.

Dai primi accertamenti alle perizie in corso, ecco cosa raccontano gli atti dell’indagine.

Nicola Palma