Maria Cefalà racconta i conservatori-inferno: "Pressioni psicologiche e umiliazioni"

La pianista milanese ha scritto un pamphlet sugli studenti-cavie: "Non è tutto marcio, ma serve una svolta. Si alzi il velo sulla didattica"

Maria Cefalà

Maria Cefalà

Milano - "È un mondo di cui, nel bene e nel male, si parla ancora troppo poco, quello dei Conservatori. È tabù. Ma, al di là delle inchieste in corso, spero sia l’occasione per alzare il velo su un punto-chiave: didattica". La pianista milanese Maria Cefalà ne ha fatto pure un pamphlet, dissacrante, spiazzante: “Farcitura eccessiva di un tacchino, e sue conseguenze“, ovvero “Pensieri di una pianista poco classica“. Ci sono gli sfoghi degli studenti-cavie sui quali i maestri ritentano "centinaia di volte la propria sorte, in una specie di divertentissima e ostinata roulette russa". C’è la lettera intima che Cefalà scrive alla sua prima prof, "animata ancora da un affetto filiale e spaccata a metà dalla rabbia che a tratti sento ribollire".

Cefalà, perché ha sentito il bisogno di accendere un faro su quello che non va nei Conservatori di mezza Italia? "Si parla di sofferenza fisica e psicologica nella danza, ma il nostro mondo rimane disgraziatamente chiuso. Pure qui ci si fa male. Pressioni psicologiche, traumi fisici. Ci sono passata anch’io. Quando mi si è infiammato un nervo mi sono sentita un vuoto pneumatico intorno. Sono crollata. Da quando scrivo sono stata inondata di messaggi da ragazzi, con storie che fanno drizzare i capelli, da tutta Italia. E dopo le ultime indagini sul Conservatorio me ne stanno arrivando ancora di più...".

Al centro le ammissioni. "Sempre più un gioco al massacro: la selezione è durissima. Non entro nel merito delle accuse, allargo il tema all’aspetto psicologico della questione. Spesso in commissione c’è questo senso di superiorità e disprezzo, si confonde la disciplina con il trattare male. Volano insulti. Come agli esami, fino a quando a 25 anni ti senti dire che sei troppo vecchia... Non è sempre così, per carità. Ci sono docenti bravissimi. È per questo che bisogna affrontare il problema. Per tutelare la buona didattica, che c’è, ed evitare che chi ha talento, ma è ipersensibile, abbandoni prima del tempo. Perché l’umiliazione e il senso di inadeguatezza ti restano addosso".

Cosa consiglia agli aspiranti musicisti? "Denunciare quando ci sono richieste poco pulite e nel momento in cui si subiscono vessazioni fisiche e psicologiche. Mi scrivono in tanti, pochissimi denunciano perché è un mondo piccolo e hai paura di non lavorare più, ma solo così cambierà qualcosa. Non è tutto marcio".

Delle lezioni private impartite dai propri prof, che ne pensa? "Ci sono anche insegnanti onesti che fanno venire a casa i ragazzi per prepararli meglio ad audizioni e concorsi, senza volere compensi. Come c’è chi se ne approfitta, chiede cifre folli e crea dipendenza psicologica. Si spinge fino a rompersi, si alza la competizione. E pure il più grande musicista rischia di sbriciolarsi. Serve un cambiamento. Ci sono insegnanti bravi e preparati che combattono tra i corridoi una faticosa battaglia. Combattono, è la parola giusta".

 

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