Lavoro al femminile? Qui come la Norvegia

Bella sorpresa dai dati su Città metropolitana. E nel settore tecnico scientifico di alto livello le assunzioni di donne sono più dei maschi

di Marianna Vazzana

Donne e lavoro. Nel 2022, dopo due anni di pandemia, la parità sembra ancora lontana e cresce lo svantaggio in particolare per le fasce deboli. Ma il quadro che emerge dai dati elaborati dall’Osservatorio Mercato del Lavoro di Città Metropolitana, presentati ieri a Palazzo Isimbardi durante l’incontro “Il ring delle idee“ della comunicatrice e manager Elisa Greco (“Lavoro: quale presente? Quale futuro?”, con uno sguardo alla gender equity), mostra qualcosa di inaspettato. "Nel 2019 l’economia milanese procedeva a gonfie vele, con un tasso di occupazione femminile del 65,6% secondo i dati Istat. In Italia, del 50,2%. Nel 2021, il territorio della Città metropolitana di Milano ha il 63% di donne occupate a fronte di un 49,4% dell’Italia. L’occupazione femminile appare essere in difficoltà a livello nazionale ma i dati mostrano che nel territorio della Città metropolitana di Milano la percentuale di donne che lavorano è pari ai livelli della Norvegia", spiega Lino Lo Verso, responsabile dell’Osservatorio. E il fatto inaspettato? "Che nel settore tecnico-scientifico di alto livello il numero di nuovi contratti femminili è maggiore rispetto a quelli maschili". A marzo del 2022, infatti, i nuovi contratti per le donne sono a quota 316 nella Città Metropolitana. Più di quelli firmati dagli uomini (294). In cima le donne anche nelle attività di servizi per la persona (con 466 contratti firmati, a fronte dei 301 dai maschi). I dati “rosa“ si abbassano invece in altri settori, "quelli in cui è preponderante l’occupazione femminile e che hanno risentito maggiormente nel periodo Covid. Nel primo trimestre del 2022 assistiamo a una ripresa del mercato del lavoro nella sua totalità anche se i settori in cui è preponderante l’occupazione femminile sono quelli le cui curve stanno migliorando per ultime (ristorazione, commercio, alberghiero)", sottolinea ancora Lo Verso. E per questo i numeri sono più bassi: per la lenta ripresa di quei settori. Tanti gli interventi e gli spunti di riflessione.

"Se da un lato l’alta scolarizzazione delle ragazze e delle donne permette loro di superare il “gender gap“ nell’ingresso al mondo del lavoro – dichiara Diana De Marchi, consigliera delegata al Lavoro e Politiche sociali della Città metropolitana di Milano –, dall’altro questo dato positivo da solo non è sufficiente. Troppo spesso, ancora, è presente una differenza di salario tra uomo e donna a parità di curriculum e di posizione. Troppo spesso alle donne viene chiesto di occuparsi oltre che del proprio lavoro anche della famiglia e, se pure con sempre maggiore partecipazione da parte degli uomini, il peso di ciò ricade soprattutto sulle loro spalle. Troppo spesso, ancora la maternità comporta l’espulsione dal mercato del lavoro". Questioni alle quali la politica deve dare risposte. Meno contratti femminili, a marzo 2022, anche per le attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (803, a fronte degli 867 maschili).

"Stamattina – commenta Elisa Greco – abbiamo sentito diverse voci, femminili e non, che ci hanno aiutato a inquadrare la materia nel presente contesto storico e socioculturale. Io sono ottimista per natura e, seppure veda che molte sono le cose che ancora devono essere fatte, molte sono anche quelle che sono già state realizzate. Ringrazio tutti gli ospiti che hanno partecipato a questa puntata".

"Il mondo del lavoro – conclude De Marchi – sta affrontando un cambiamento epocale, serve uno sforzo da parte di tutte le componenti sociali per agevolare, affrettare anche il cambiamento di paradigma mentale e culturale necessario per raggiungere la “vera” parità di genere nel mondo del lavoro".

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