Operai morti alla Lamina, il titolare patteggia un anno e 10 mesi con pena sospesa

Raggiunto un accordo in fase di udienza preliminare dopo che erano stati risarciti i familiari di tutte le vittime e l'Inail

L'ingresso della Lamina spa

L'ingresso della Lamina spa

Milano, 12 febbraio 2019 - Ha raggiunto un accordo con la Procura per patteggiare una pena sospesa di un anno e 10 mesi, dopo aver risarcito le famiglie delle vittime e l'Inail per un totale di oltre 4 milioni di euro, Roberto Sanmarchi, il titolare della Lamina, l'azienda metallurgica milanese dove il 16 gennaio dello scorso anno morirono quattro operai a causa di una fuoriuscita di gas argon nella vasca di un forno.

È quanto è emerso dall'udienza preliminare, davanti al gup di Milano Manuela Scudieri, a carico dell'imprenditore, difeso dai legali Roberto Nicolosi Petringa e Elena Benedetti e accusato di omicidio colposo plurimo con l'aggravante di aver commesso il fatto in violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Oggi hanno chiesto di entrare nel procedimento come parti civili la Fiom-Cgil e l'Anmil, associazione mutilati e invalidi. Il gup deciderà nella prossima udienza del 19 marzo se ammettere le due parti e poi se ratificare o meno il patteggiamento che ha avuto l'ok dei pm Letizia Mocciaro e Gaetano Ruta. 

I legali del titolare della Lamina hanno spiegato che «in una tragedia di questa portata essere arrivati in 8 mesi a risarcire tutte le famiglie è un risultato di grande rilievo dal punto di vista umano e della solidarietà e anche processuale». Nel procedimento è imputata anche la stessa società per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Già lo scorso giugno si era saputo che Sanmarchi aveva risarcito i familiari di una delle vittime, Giuseppe Setzu, e poi erano state chiuse anche le transazioni extragiudiziali con le famiglie dei fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri, anche loro dipendenti Lamina. Poi sono stati risarciti anche i familiari di Marco Santamaria, elettricista di una ditta esterna e la stessa società che collaborava con Lamina per la perdita del lavoratore. Risarcimento versato, poi, anche all'Inail. L'inchiesta, coordinata dall'aggiunto Tiziana Siciliano, aveva evidenziato una serie di falle nei sistemi di sicurezza della fabbrica, messi in luce da una complessa consulenza tecnica.

Era stato accertato che nella fabbrica, infatti, non c'erano nemmeno «procedure di sicurezza sulla utilizzazione della centralina di allarme del livello di ossigeno» e «sulla gestione della funzione di tacitazione» dell'allarme stesso che quel giorno suonò al mattino e venne probabilmente disattivato da uno dei quattro operai, che poi scesero nella vasca del forno e morirono uno dopo l'altro. L'Anmil, chiedendo oggi di entrare come parte civile, ha presentato una richiesta danni di un milione di euro. I legali della Lamina si sono opposti alle nuove richieste di parti civili. «L'azienda - hanno spiegato i difensori - sta continuando a lavorare, il forno è ancora sotto sequestro e lo stiamo adeguando alle prescrizioni di sicurezza in accordo com l'Ats». 

 

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