La ladra incinta e la senatrice derubata

Furto a Elena Cattaneo, presa scippatrice. Deve scontare 2 anni e 6 mesi, ma la gravidanza le garantisce il rinvio

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di Nicola Palma

È una delle borseggiatrici seriali che agisce abitualmente in Centrale, sia nell’area dello scalo ferroviario che in metropolitana. Ha diversi precedenti specifici e una condanna da scontare a 2 anni e 6 mesi di reclusione per reati contro il patrimonio. Una pena differita a data da destinarsi perché la trentaseienne di origine bosniaca è incinta, e di conseguenza può usufruire della sospensione dell’esecuzione garantita dall’articolo 146 del codice penale alle donne in gravidanza e alle mamme di bambini di età inferiore a un anno. Una norma che applica un elementare principio di umanità, ma che in casi come questi viene scientemente sfruttata per rimandare il più possibile l’ingresso in cella.

Un meccanismo che si è ripetuto così tante volte negli anni scorsi da spingere la Procura, nel dicembre 2016, a diramare una circolare alle forze dell’ordine per snellire procedure di fatto inutili e rendere meno gravoso il lavoro di carabinieri, ghisa e poliziotti, azzerando l’andirivieni a San Vittore di persone scarcerate dopo poche ore perché in evidente stato interessante o "con certificato medico attestante la gravidanza emesso nei 15 giorni antecedenti l’ordine di esecuzione". È il caso della trentaseienne denunciata a piede libero dagli agenti dell’Upg della Questura e dai vigili di piazza Beccaria per il raid del 19 gennaio contro la senatrice a vita Elena Cattaneo, aggredita alle spalle in uno dei corridoi di collegamento tra le linee verde e gialla del metrò in Centrale e derubata del portafogli che teneva nel suo zaino. Sin dai primi minuti, gli specialisti della Polmetro si sono concentrati sulle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza per arrivare all’identificazione della ladra in fuga; e l’analisi dei filmati ha fatto emergere la figura di una borseggiatrice già nota, peraltro con un abbigliamento identico a quello indossato da un’altra donna segnalata nei giorni precedenti da alcuni passeggeri come possibile componente di una banda specializzata in furti in metropolitana. L’identikit è stato condiviso con i vigili dell’Unità reati predatori e del Nucleo tutela trasporto pubblico, che alle 13.55 di martedì si sono ritrovati davanti la bosniaca lungo la banchina della M2 a Loreto, direzione Abbiategrasso.

La donna è stata subito fermata e denunciata per il colpo: non ha una dimora stabile e non risulta legata a un campo nomadi; con sé non aveva documenti, ma solo un biglietto Flixbus per la tratta Roma Tiburtina-Lampugnano, il che lascia ipotizzare che si tratti di una "pendolare degli scippi" che si sposta abitualmente sull’asse Lazio-Lombardia. Il reato contestato è quello di furto, pluriaggravato dalla destrezza, dal luogo in cui è avvenuto (un’infrastruttura del trasporto pubblico locale) e dalla minorata difesa della ricercatrice e docente universitaria di 59 anni (che stava camminando aiutandosi con un paio di stampelle). "A Milano chi sgarra paga – il commento su Facebook dell’assessore comunale alla Sicurezza Marco Granelli –. La collaborazione in metropolitana tra security Atm, polizia di Stato e polizia locale ci aiuterà a contrastare questi odiosi episodi. Su questo tema vogliamo fare di più, insieme, perché i cittadini devono poter usare bus e metropolitana sicuri e tranquilli".

Il post ha generato l’immediata reazione dell’assessore regionale alla Sicurezza Riccardo De Corato: "Invece di fare proclami buoni solo per un giorno, Granelli faccia arrestare la banda di borseggiatrici fissa in Stazione Centrale. Quasi ogni giorno sui social vengono riportate fotografie e testimonianze dei poveri pendolari che si ritrovano davanti a queste delinquenti". E ancora: "L’assessore dovrebbe rendersi conto del fatto che “pagare per un reato commesso” non significa essere già a piede libero".

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