Inchiesta Comasina, la relazione dei poliziotti onesti: così è scattatal’indagine

Investigatori ostacolati dai colleghi e bersaglio di intimidazioni e raid da parte dei delinquenti

Spaccio, 23 arresti a Milano

Spaccio, 23 arresti a Milano

Milano, 12 luglio 2018 - «Si tratta esclusivamente di attività cui hanno proceduto» quattro agenti, «quasi fossero gli unici operanti presso il commissariato». La considerazione del gip Anna Calabi arriva al termine di un elenco di tre pagine e mezza in cui si dà conto dei risultati ottenuti da alcuni uomini dell’Investigativa del commissariato Comasina tra il 20 giugno 2014 e il 2 maggio 2016: 10 arresti, altrettante denunce, perquisizioni e sequestri di droga a ripetizione. Peccato che quel manipolo di poliziotti, stando a quanto emerso dalle indagini della Squadra mobile, non fosse visto proprio di buon occhio: né all’esterno, e questo è ovvio, né all’interno, e questo è decisamente più inquietante. È stata proprio la segnalazione di due di quei quattro agenti a far scattare nel 2015 gli approfondimenti investigativi su D’Agnano e altri ex appartenenti a quel commissariato; annotazioni riservate e circostanziate poi indirettamente confermate dalle dichiarazioni di Laurence Rossi, il gestore della piazza di spaccio del quartiere diventato collaboratore di giustizia dopo l’arresto del 2017.

Premettendo  che si tratta di vicende che risalgono al passato del commissariato Comasina, ecco cosa ha messo a verbale uno dei poliziotti coraggiosi: «Venivamo invitati a essere più prudenti e più calmi e in linea generale eravamo gli unici, sostanzialmente, che facevamo interventi finalizzati agli arresti». Un giorno di tre anni fa, si arriva persino al paradosso. È un pusher di coca a rivolgersi così ai due agenti: «Qui dentro mi sa che siete gli unici che fanno i poliziotti, qui da voi c’è chi ha tre case, macchine e moto, e non vi dico altro, non voglio fare l’infame». Chiarissimo il riferimento, col senno di poi, a D’Agnano. E ancora: «Poi c’erano pure due colleghi vostri che avevano un night club in viale Certosa e poi le cose sono andate male... Il resto vedetevela voi, non aggiungo altro». Malelingue messe in giro ad arte da un criminale? Nient’affatto, quello sfogo raccolto in strada ha poi trovato ampi riscontri nel corso dell’attività di indagine. Così come sono stati letti sotto altra luce gli episodi di cui sono stati vittime gli agenti onesti, definiti dal gip «il prezzo pagato» per aver svolto «con perseveranza e correttezza l’attività di ordine pubblico nella zona di competenza»: l’auto privata di un poliziotto data alle fiamme sotto casa nel febbraio 2017, l’aggressione subita in piazza Gasparri da quattro investigatori il 1° luglio 2016 durante un normale controllo e sedata solo grazie all’intervento del pregiudicato Sergio Toscano («Questo è il nostro quartiere, non sei un c. di nessuno, capito pezzo di m.», le frasi urlate da decine di persone), la scritta sul muro «Doppiogiochista diffamatore, muri devi piombo».

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