Incendio Torre dei Moro, il rischio di una strage per risparmiare meno di un euro al metro

Milano, chiusa l’indagine sull’incendio del grattacielo di via Antonini: in 18 sotto accusa per disastro colposo Il pm: chi ha venduto quei pannelli sapeva che non erano ignifughi

Il grattacielo in fiamme

Il grattacielo in fiamme

Milano - Se non finì come nel grattacielo di Londra quattro anni prima, con decine di morti e feriti, fu solo questione di fortuna. Era una domenica di fine agosto, nel palazzone di via Antonini c’erano solo 30 persone e il gruppo “whatsapp“ degli inquilini funzionò benissimo rilanciando l’allarme appena qualcuno notò il primo fumo. Ma se la Torre dei Moro si trasformò in una torcia incandescente nel giro di pochi minuti, la colpa fu dei pannelli che la rivestivano come una “vela“: dovevano essere ignifughi, invece erano altamente infiammabili. Questi pannelli, si legge negli atti, avrebbero garantito un risparmio di meno di un euro al metro quadro rispetto ad altri effettivamente a prova di fuoco.

Ora, un anno dopo l’incendio della Torre il 29 agosto 2021, chiuse le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Marina Petruzzella, la Procura accusa di disastro colposo 18 persone: Roberto Moro, amministratore di Moro Costruzioni, general contractor, tre responsabili (tra cui l’amministratrice Stefania Grunzweig) della committente Polo srl, un incaricato alle vendite, il direttore dei lavori e il responsabile tecnico del cantiere. E ancora un dirigente e un funzionario dei vigili del fuoco che diedero il "parere favorevole" con cui Polo ottenne "il certificato prevenzione incendi" nel 2011. In più, sei responsabili di Zambonini spa, che si occupò dei lavori delle "vele", e l’amministratore della ditta che commercializzava in Italia quei pannelli Larson prodotti dalla spagnola Alucoil, che conta tra gli indagati il legale rappresentante e un export manager.

Dovranno rispondere di una serie di "macroscopici vizi di progettazione ed esecuzione" delle facciate "a vela" della struttura, fatte di pannelli altamente infiammabili, scelti perché più economici ma non omologati. Sono durissime le parole usate dai pm nell’avviso di conclusione indagini, con il procuratore Marcello Viola che parla di "scenario inquietante". Nessuna vittima, ricordano i magistrati, grazie anche alla "maestria degli interventi" dei vigili del fuoco. Ma che prima o poi un disastro sarebbe potuto accadere, si legge nelle carte, gli indagati lo sapevano. Per quasi dieci anni i tecnici della Zambonini e i responsabili ditta produttrice Alucoil, come risulta da diverse mail, discussero della "pericolosità dei pannelli Larson Pe" installati. Il “Pe“, ossia alluminio imbottito di polietilene, è "combustibile e non si deve usare in nessun edificio" scriveva nel 2020 un dirigente dell’azienda spagnola, mentre ai condomini di via Antonini veniva garantito (con frode) che i pannelli erano resistenti alle fiamme . "Gli inquilini hanno vissuto per oltre un decennio in un edificio vulnerabile che avrebbe potuto mettere a repentaglio la loro vita in qualsiasi momento" conclude l’avvocato Alessandro Keller, legale del condominio.

 

 

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