Il primato per scioperi di Trenord

Dario

Balotta*

Cosa è accaduto a Trenord per motivare, in piena emergenza sanitaria, ben 6 (sei) scioperi dall’inizio dell’anno: ultimo, ultimo quello di ieri dei cobas Usb, penultimo quello di domenica 5 settembre dei delegati Cigl Cisl Uil e Orsa che ha fatto imbestialire migliaia di passeggeri increduli che non potevano contare neppure su un servizio minimo visto il giorno festivo. C’è forse in gioco il posto di lavoro o è minacciata la salute? Siamo in presenza di infortuni, tagli salariali, punizioni ingiuste, sono lesi i diritti fondamentali dei sindacati? Niente di tutto questo. L’astensione dal lavoro di ieri è contro l’obbligo del green pass per accedere al lavoro. Anche i ben tutelati ferrovieri, che erogano un servizio di trasporto pubblico, in sciopero. Eppure, con il matrimonio tra Fnm e Fs che diede vita a Trenord 12 anni fa i lavoratori “sommarono” le condizioni normative e salariali di autoferrotranvieri (Fnm) e ferrovieri (Fs): fu proprio per questa benevolenza che i sindacati accettarono la fusione e tutti i partiti, nessuno escluso caldeggiarono la fusione. L’allora presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, definì Trenord un passo federalista che avrebbe migliorato i servizi e ridotto i costi di gestione grazie a relazioni sindacali innovative. È dal 2002, che l’azienda cerca di passare dalla gestione manuale dei turni del personale di movimento ad uno informatizzato (Arco) costato 6 milioni di euro ma non ci riesce. Il sindacato si è accomodato al tavolo consociativo anziché stimolare l’azienda a comportamenti di efficienza. Azienda invece impegnata a gestire la “rendita” politica ed elettorale della ricca (di trasferimenti pubblici) azienda. Il monopolio ferroviario venne soltanto spostato (da nazionale a regionale). Di “innovativo” c’è solo il fatto che con i soldi dei contribuenti vennero accordati a Trenord trattamenti di maggior favore rispetto agli altri ferrovieri italiani. Ciò senza un aumento della produttività di sistema dell’azienda, sotto 20 punti rispetto a quelle europee. Il costo del treno per kilometro lombardo il più alto d’Italia. Nonostante ciò, si contano una decina di scioperi all’anno, e una crescita esponenziale dei disservizi (ritardi e soppressioni dei treni).

* Presidente OsservatorioNazionale LiberalizzazioniInfrastrutture e Trasporti

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