"Giusto demolire, se serve ai club per tornare agli antichi fasti..."

Le parole di Alessandro Costacurta

Alessandro Costacurta, sub commissario della Figc

Alessandro Costacurta, sub commissario della Figc

Alessandro Costacurta, commentatore Sky, potrebbe descrivere San Siro in ogni minimo dettaglio e il via libera dato dalla Soprintendenza all’abbattimento non lo lascia di certo indifferente.

Da simbolo di Milano ad arena da abbattere, cosa ne pensa?

"San Siro la considero la mia seconda casa, sono molto legato ma i sentimenti non mi impediscono di essere pratico: sono sempre stato poco romantico e credo che una dose di realismo serva. Se per far ritornare Milan e Inter ai vecchi fasti è necessaria una profonda bonifica allora credo sia giusto seguire l’iter. Sono certo che entrambi i club abbiano valutato tutti i pro e i contro di una nuova struttura".

I progetti finalisti “corretti” in corsa salvano parte dello stadio: solo valenza nostalgica?

"Per la mia generazione l’abbattimento non sarà una cosa piacevole, ma è questione di praticità: i due progetti sono futuristici e molto belli e non è detto che mantenere come “angolo dei ricordi” parte del vecchio San Siro non sia una cattiva idea. Sicuramente trovo positivo che la Soprintendenza si sia espressa ora nonostante l’emergenza: di solito questi processi hanno tempi rallentati, invece vedere che c’è attivismo lo trovo molto incoraggiante".

Quando le ruspe butteranno giù San Siro la sua mente a quale ricordo volerà?

"L’emozione più grande l’ho vissuta la prima volta che sono entrato allo stadio: giocavo nelle giovanili del Milan, derby del 1981, io facevo il raccattapalle. Entrare lì fu la spinta decisiva al mio sogno di diventare calciatore, ricordo ancora l’emozione. Un ricordo fortissimo è poi legato alla mia prima gara da titolare, era Inter-Milan: per la prima e unica volta, per tutta la partita, riuscii a sentire tutti gli insulti che mi arrivavano, tanti “vaffa” o parole in dialetto milanese che spesso traducevo ai miei compagni che non li capivano. Certo, a volte evitavo di tradurli precisamente…".

Ilaria Checchi

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