"Gianna e Angelo amavano la Francia, non cada il silenzio sulla strage"

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L’ultimo messaggio dei familiari, rimasto senza risposta, rievoca una tranquillità sconvolta dalla tragedia: "Se domani andate a Grasse, portateci della lavanda". Quella sera i coniugi di Voghera Gianna Muset e Angelo D’Agostino, 68 e 71 anni, si trovavano sul celebre lungomare di Nizza per assistere ai fuochi d’artificio, in compagnia degli amici milanesi Graziella Ascoli e Mario Casati, quando il tir guidato da Mohamed Bouhel invase la strada, uccidendo i quattro pensionati e altre 82 persone. Il ricordo di Roberta Capelli, la nuora, torna a quella notte, alle ore di angoscia e alla corsa a Nizza da Lungavilla, il paese in provincia di Pavia dove vive con il marito e i due figli.

Il processo di primo grado si aprirà sei anni dopo l’attentato. Tempi lunghissimi, anche per gli standard di noi italiani.

"La considero una sconfitta per la giustizia. Noi abbiamo evitato anche di costituirci parti civili, per non esporci a inutili spese legali da sostenere. Speriamo che si arrivi a una modifica della legge sugli indennizzi, perché in questi casi le vittime devono poter riceverli subito, senza attendere una sentenza".

Che cosa ricorda di quella notte?

"Stavamo dormendo quando, a mezzanotte, è suonato il telefono. Era un amico di mio suocero, che aveva saputo dell’attentato ed era preoccupato perché non riusciva a contattarlo. Abbiamo trascorso tutta la notte al telefono, cercando di chiamarli. Ricordo una grande angoscia e confusione. Siamo partiti per Nizza ma, purtroppo, le speranze si sono infrante".

Siete tornati a Nizza negli anni successivi alla strage?

"Abbiamo venduto l’appartamento. Siamo tornati per le commemorazioni che, anche a causa della pandemia, sono sempre più in sordina. Mio suocero amava la Francia, lo avevano anche soprannominato “sindaco di Nizza“. Per me, che sono orfana, erano quasi come dei genitori".

Dopo l’attentato, e negli anni successivi, vi siete sentiti sostenuti dalle autorità?

"Ci siamo sentiti abbandonati, sia dalla Francia sia dall’Italia. Manca un vero sostegno, anche psicologico, se non dalle associazioni. Anche per i nostri figli, che ora hanno 13 e 18 anni, è stato un trauma. Io ho creato un gruppo Facebook e WhatsApp per contattare tutte le persone coinvolte nella strage, sono nate amicizie importanti. Portiamo avanti una battaglia perché quello che è successo non cada nell’oblio, e perché possa nascere qualcosa di buono".

Andrea Gianni

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