"Contagi e decessi tra i dializzati, giustizia per i nostri genitori"

L’appello dei familiari di anziani morti al San Raffaele nel pieno dell’emergenza coronavirus. Il dolore di una figlia: due anni fa l’ospedale aveva salvato la vita a mia madre, ora non l’ha protetta

Simona Galante con la madre Annamaria Scaramuzza morta all’età di 75 anni

Simona Galante con la madre Annamaria Scaramuzza morta all’età di 75 anni

Milano, 27 maggio 2020 - «L’unica volta che sono riuscita a sentirla al telefono, da quando è entrata nel reparto Covid, è riuscita a pronunciare a stento il mio nome: lì ho capito che stava vivendo un inferno, in completa solitudine ". Simona Galante ha perso la madre, Annamaria Scaramuzza, lo scorso 27 marzo, in piena emergenza coronavirus. La donna è morta all’età di 75 anni all’ospedale San Raffaele, lo stesso che "due anni prima le aveva salvato la vita" quando aveva riportato un’infezione in seguito all’intervento per un doppio bypass coronarico. "Sono sicura che mia madre è entrata in contatto al San Raffaele, dove era dializzata, con il virus che l’ha uccisa. Ora vogliamo che si faccia chiarezza su quello che è accaduto e su eventuali responsabilità", spiega Simona, che ha intenzione di presentare un esposto in Procura. Annamaria Scaramuzza ogni due giorni andava in ospedale per la dialisi, nel reparto dove la prima settimana di marzo si sono verificati alcuni contagi tra gli operatori. Reparto poi sanificato e messo in sicurezza. "Quando ho espresso la mia preoccupazione- racconta - mi hanno risposto: “Come si permette di mettere in dubbio l’efficienza del San Raffaele”.

La sera del 7 marzo, però, mia madre ha vomitato e aveva la febbre alta, accusava i sintomi del coronavirus". Una donna fragile, dializzata da 8 anni, che viveva con il marito 82enne, medico oncologo in pensione, e la badante. "Il 9 marzo, al termine della dialisi, l’hanno trattenuta per due giorni in Pronto soccorso, in una stanza con sei persone sospette Covid. Il primo tampone è risultato negativo, ma aveva sempre la febbre alta. L’hanno trasferita quindi in un reparto “non Covid“, nefrologia". Nel frattempo il virus dilagava in Lombardia, il bilancio di contagi e decessi aumentava giorno dopo giorno. "In nefrologia ogni giorno c’erano pazienti che venivano trasferiti perché positivi – racconta – le dimissioni di mia madre erano previste per il 16 ma lei si è sentita male. Aveva 39 di febbre. Hanno fatto il tampone, e l’esito era positivo. Non l’abbiamo più vista".

Per Annamaria è iniziata un’agonia che i familiari hanno vissuto a distanza, con telefonate quotidiane con i medici. Solo una volta in 12 giorni la figlia è riuscita a parlare con lei. Fino a quando la 75enne si è spenta, il 27 marzo. Altri pazienti che come lei frequentavano il San Raffaele per la dialisi, secondo le informazioni raccolte dai familiari, sarebbero rimasti contagiati. "Mia madre usciva di casa solo per andare all’ospedale, non aveva altri contatti", spiega la figlia di una 85enne morta il 21 marzo. Un dramma quasi identico a quello vissuto dai parenti di Annamaria. "Anche lei è stata in pronto soccorso a contatto con casi sospetti e poi in nefrologia – conclude – i nostri genitori non sono stati protetti".  

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