Milano, lo aggredirono col machete: nessuno risarcisce il capotreno ferito

I condannati non hanno soldi

Carlo Di Napoli (Newpress)

Carlo Di Napoli (Newpress)

Milano, 20 marzo 2018 - I responsabili dell’aggressione a colpi di machete sono nullatenenti. E gli indennizzi erogati dallo Stato rischiano di essere pari a zero. Una doppia beffa per le vittime, il capotreno Carlo Di Napoli e il collega Riccardo Magagnin, dopo che lo scorso 22 marzo la Cassazione ha reso definitive le condanne per tentato omicidio per i salvadoregni della gang MS13 che l’11 giugno 2015 si scagliarono contro di loro alla fermata di Villapizzone. Per ora la provvisionale stabilita dai giudici - 50mila euro a favore di Di Napoli e 20mila euro a favore di Magagnin - resta solo sulla carta. Il risarcimento complessivo deve ancora essere quantificato in sede civile (uno degli imputati, tra l’altro, durante il processo di primo grado aveva offerto 500 euro ai due ferrovieri come acconto), ma in ogni caso i tre condannati non hanno il denaro per far fronte alla spesa. I due dipendenti di Trenord hanno subito gravi danni, fisici e psicologici. Di Napoli, che rischiò di perdere il braccio per il colpo sferrato da Josè Ernesto Rosa Martinez, poi condannato a 14 anni di carcere, in questi giorni si è sottoposto a una nuova operazione. È tornato al lavoro, si occupa di formazione, con il ricordo indelebile della terribile aggressione avvenuta durante un controllo di routine. «Non ha ricevuto nulla - spiega il suo legale, l’avvocato Luca Ponzoni - ad eccezione della somma erogata dall’Inail per l’infortunio sul lavoro. Siamo intenzionati ad andare avanti per ottenere giustizia, e stiamo valutando la strada da percorrere». Una strada lunga e tortuosa, che potrebbe portare fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

I legali dovranno dimostrare che i tre condannati sono nullatenenti e che, per questo, deve essere lo Stato a farsi carico delle spese. E qui potrebbe scattare la seconda beffa, perché gli indennizzi regolati dalla legge 122 del 2016 per le vittime di reati violenti o per i loro familiari si traducono in una sorta di elemosina di Stato: massimo 8.200 euro per l’omicidio, 4.800 euro per lo stupro, non più di 3.000 euro per gli altri reati. L’indennizzo, secondo la norma, nel caso loro caso è «elargito per la rifusione di spese mediche e assistenziali», e le vittime devono avere un reddito annuo non superiore a 11mila euro. In alcuni casi - come quello del macellaio di Pontoglio (Brescia) Pietro Raccagni colpito durante una rapina e morto dopo 11 giorni di agonia - sono state avviate cause nei confronti della presidenza del Consiglio, per inottemperanza alla direttiva europea 80 del 2004 per l’equo risarcimento. La battaglia di Di Napoli potrebbe portare, come extrema ratio, a un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, appellandosi a una direttiva «mai attuata pienamente».

 

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