Il capotreno aggredito col machete torna al lavoro: "Le ferrovie sono la mia vita..."

Carlo Di Napoli era stato colpito da una gang di latinos

Il capotreno Carlo Di Napoli quando era stato premiato in Regione

Il capotreno Carlo Di Napoli quando era stato premiato in Regione

Milano, 9 ottobre 2016 - Lo annuncia con un post su Facebook: domani torna al lavoro, alla sua vita di ferroviere a cui non potrebbe mai rinunciare. Carlo Di Napoli, il capotreno di Trenord aggredito da sudamericani con un machete, torna. Seguirà alcuni corsi, che lo impegneranno per un paio d’anni per poi occuparsi di formazione del personale. Un altro passo nella sua lunga, tenace, coraggiosa, risalita. Scrive Carlo sul social: "Olè. Dopo un anno e quattro mesi da quella notte, infortunio chiuso! Lunedì rientro al lavoro, non più come viaggiante, ma inizierò un lungo percorso per diventare istruttore. Un altro pezzettino della mia vita che recupero, un altro passo in più per un ritorno alla normalità! Sono felice ma ho anche un po’ paura. Grazie mille di vero cuore a tutti coloro che mi hanno sempre supportato e anche sopportato e incoraggiato. Comunque... finalmente, ragazzi, finalmente!". 

Non ha mai smesso di dirlo. Una frase era diventata la stella polare dell’esistenza di un giovane di 33 anni: "Le ferrovie sono la mia vita. Forse non sarò più capotreno, ma sarò sempre un ferroviere". In giugno, a un anno dalla sua terribile esperienza, aveva postato un selfie: il sorriso pieno, la mano destra che aiutava il pollice della sinistra ad alzarsi per dire ci sono, sono qui, combatto. La mano di un braccio che Carlo Di Napoli aveva rischiato di perdere, quasi tranciato da un colpo di machete. La sera dell’11 giugno di un anno fa. Il controllo del capotreno a un gruppo di sudamericani sprovvisti di biglietto. Il treno regionale S20673 delle Ferrovie Nord si era avviato dalla stazione di Rho, destinazione Rogoredo. Quando le porte si erano aperte alla stazione di Villapizzone, si era scatenata una bestiale violenza. Era stato colpito anche un altro capotreno, Riccardo Magagnin, intervenuto in aiuto del collega.

Carlo Di Napoli, cosa significa essere ancora nel suo ambiente?

"Significa uscire da un periodo lungo e travagliato. E soprattutto la grande soddisfazione di rimanere nel mio ambito di lavoro, quello del personale viaggiante. Le ferrovie sono la mia vita".

Le mancherà la presenza sui treni?

"Questo sì. Devo però dire che con il mio braccio non avrei potuto viaggiare, non sarei stato in grado di azionare i dispositivi di sicurezza. Il compito principale di un capotreno è la sicurezza dell’esercizio. Noi siamo operatori della sicurezza".

Oggi chi si sente di ringraziare?

"All’azienda va tutto il mio grazie, a cominciare dall’ad, la dottoressa Cinzia Farisè. Ai colleghi, che hanno fatto il tifo per me, per il mio recupero psicofisico. Siamo una famiglia. Se fosse successo agli altri, avrei fatto quello che hanno fatto per me. Ringrazio i miei genitori, perché sono convinto che un frutto non cade mai troppo lontano dall’albero".

Prova rancore i personaggi di quella notte?

"Evito di pensarci. Non meritano importanza".

Il processo d’appello agli aggressori di Carlo Di Napoli è stato fissato per il 15 dicembre.

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