Calcio femminile, la svolta: "Non ci sono più tabù, il clima sta cambiando"

La passione di Sofia, che ora traina il papà: da quando ha sei anni veste la maglia del Tabiago. La mamma: "Che bello vederle giocare..."

Il Tabiago, la squadra della piccola Sofia

Il Tabiago, la squadra della piccola Sofia

Milano - Sofia, da piccolissima, aveva sentito mamma dire a papà: "Peccato non avere avuto anche un maschietto con cui condividere la tua passione per il calcio e per il Milan". All’inizio il pallone lo avrà anche preso per far contento papà, sta di fatto che è nata una passione grande. Inarrestabile. Che è andata ben oltre. Da quando ha sei anni indossa la maglia del Tabiago femminile, nei “primi calci“. "E il torto più grande che puoi farle è costringerla a saltare un allenamento. Non c’è festa o lezione di batteria che tenga", sorride la mamma, Debora Politi.

Come avete reagito quando vi ha chiesto di fare calcio?

"Bene, non ci siamo posti alcun problema. Sappiamo che, per numeri, il calcio femminile non è ancora uno sport che va per la maggiore tra le femmine, ma il clima sta cambiando. E ci piace il fatto che le nostre figlie prendano scelte diverse dalla massa. Abbiamo visto sempre la diversità come un valore. Quindi le abbiamo detto subito di sì, senza remore. All’inizio pensavamo lo facesse per assecondare papà e che poi magari avrebbe lasciato, invece lo faceva e lo fa proprio per lei. Si diverte tantissimo".

Ci sono ancora pregiudizi e tabù nel calcio femminile?

"Non ci sono tabù. Per lo meno a noi non hanno mai detto nulla di spiacevole e neppure a lei, nessuna battutina infelice sulla sua scelta “da maschiaccio”. Credo che finalmente sia vissuto come uno sport come un altro. Come deve essere. Anche in classe i suoi compagni lo sanno e per loro è assolutamente normale. Ha sempre giocato più con i maschi anche all’asilo e pure con quelli più grandi di lei. Quando qualche bimbo non voleva farla giocare lei tirava dritto, lo ignorava e giocava lo stesso. Forse resta solo un pregiudizio che resiste e sul quale bisogna lavorare...".

Quale?

"Il calcio in generale, maschile e femminile che sia, è visto spesso come un ambiente volgarotto. In cui circolano molte parolacce sul campo e sugli spalti. E questo allontana qualche famiglia, me lo sono sentito dire anch’io. Ma non bisogna generalizzare. È uno sport educativo, bisogna lavorare per potenziare ancora di più quell’aspetto".

Squadra femminile o mista?

"Dovrebbe essere una femminile la sua, ma spesso mancano i numeri e così per le partite devono chiamare tre o quattro bambini oppure per i tornei attingono alle altre squadre femminili. Per lei la squadra mista non è un problema anche se preferisce giocare con le altre compagne. Fanno più squadra. I maschietti finiscono per essere un pochino più isolati".

Forse anche perché riescono a condividere meno il pre e post partita, lo spogliatoio?

"Credo di sì. E lo spogliatoio è fondamentale nel calcio. La partita comincia lì, le allenatrici danno le prime dritte, ci si confronta e incoraggia".

Com’è il rapporto con le altre compagne?

"Sono molto coese. Ed è merito anche delle loro allenatrici. Pazienza se le prime partite si chiudevano 15 a zero... tra di loro si “perdonano” e non fanno caso agli errori altrui, si supportano. E stanno diventando davvero bravine".

E tra voi genitori sugli spalti?

"Anche noi siamo molto uniti, le seguiamo ovunque e ci divertiamo. La prima volta che hanno fatto gol... abbiamo stappato la bottiglia".

Questo è l’anno della svolta professionale del calcio femminile...

"Finalmente. Scherzando abbiamo detto a Sofia che può diventare come Ibrahimović. Non ha capito ancora l’aspetto economico della conquista (sorride)... l’importante adesso è che si diverta, quel che sarà sarà, ma è un riconoscimento doveroso al calcio femminile che ha pari dignità di quello maschile. Adesso speriamo che possa crescere ancora, anche nei numeri".

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro