Bluemax, storia di un ragazzo che non riesce ad amare

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C’è un piccolo, prezioso scrigno di fragilità in Carolina Cametti. Lei lo porta sul palco, lo apre e chiede agli spettatori di guardarci dentro. Per scegliere se stare sul bordo, le dita dei piedi che stringono per non cadere. Oppure se scivolare dentro questo suo paese delle meraviglie e dei dolori, delle sconfitte e delle rabbie. Il precedente "Bob Rapsodhy" era un flusso di coscienza scritto in rima. Come fosse una lunga traccia dei Wu-Tang Clan. Un flow di corpo e di parola che ha confermato ancora una volta il talento dell’attrice romana.

Ora arriva un nuovo monologo. O meglio: arriverà a breve. Per il momento però se ne può avere un assaggio a Campo Teatrale, che domani e dopo alle 20.30 propone il primo studio di "Bluemax", a chiudere la rassegna "R_Estate a Teatro". Una produzione Elfo Puccini. Dove si torna a guardare in faccia la vita. I margini, le fragilità. "In "Bluemax" – spiega Cametti – sviscero l’animo e il tormento di un ragazzo che si è perso, ma non ricorda né dove né quando. Un ragazzo di provincia che vive in una casa che ha la doccia fuori “sotto le stelle“. Un ragazzo solo. Che non riesce ad amare, non riesce a calibrare la sua depressione. Suona la chitarra e si rifugia in un letto senza lenzuola". Storia di un giovane muratore. E di un irrequietezza che inizia ad assumere dimensioni importanti. Un ragazzo come tanti. Ma uguale a nessuno. Con la voglia di fuggire da qualche parte. Inseguire un sogno. Forse scomparire.

Diego Vincenti

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