Big pharma, informatori a rischio

Sostituiti da software, lavoro da remoto ed esternalizzazioni: "Rischio tagli fino al 30% del personale"

Oggi gli informatori farmaceutici sono circa17mila

Oggi gli informatori farmaceutici sono circa17mila

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Milano, 4 febbraio 2021 -  Fino a 15 anni fa gli informatori farmaceutici erano circa 35mila in Italia. Nel tempo si sono ridotti a 17mila, e ora gli effetti della pandemia potrebbero portare, secondo le stime della Cisl, a un «ulteriore taglio del 20-30%» del personale sul lungo periodo. Con conseguenze pesanti sull’occupazione nel Milanese, dove si concentrano le sedi di “Big pharma“ e almeno la metà degli informatori farmaceutici attivi in Italia. Professionisti che in futuro potrebbero essere sostituiti da programmi di intelligenza artificiale in grado di rispondere alle richieste dei medici senza bisogno del contatto umano, oppure finire in esubero per il largo ricorso al lavoro da remoto o per la scelta della multinazionali di affidarsi a società esterne, tagliando i costi del personale in un settore che non conosce crisi.

"L’introduzione di strumenti come tablet, cellulari e pc – spiega il segretario della Femca Cisl milanese, Rino Fresca – hanno portato ad una evoluzione sostanziale di come gli informatori si confrontano con gli operatori sanitari. L’arrivo del Covid, almeno nella prima fase, ha di fatto provocato un blocco totale delle attività. Diverse aziende hanno scelto di mettere in cassa integrazione i propri collaboratori, alcune hanno avviato dei percorsi formativi, altre hanno provato a contattare i medici con strumenti differenti. Il rallentamento della pandemia in estate ha consentito la ripresa del lavoro in presenza, ma molte realtà ospedaliere, ambulatoriali e di medicina di base sono ripartite con fortissime restrizioni. Questo ha spinto le imprese ad insistere nell’utilizzo di forme alternative alla normale attività, il tutto in modo caotico e non con una reale strategia, cercando solo di spingere il lavoratore a creare un contatto di qualsiasi natura con il proprio interlocutore".  Un terremoto per professionisti già colpiti dalla diffusione dei farmaci generici. Le multinazionali, intanto, si stanno muovendo. Una delle prime case farmaceutiche a comunicare ai sindacati un «cambiamento radicale» è il Gruppo Zambon. "Ci hanno comunicato il loro “progetto 4.0“ – spiega Fresca – che porterà a un 60% del lavoro dell’informatore farmaceutico in presenza e a un 40% da remoto». La belga Ucb, inoltre, sta sperimentando avanzati sistemi di intelligenza artificiale. «La tecnologia può essere un vantaggio – prosegue il sindacalista – ma queste evoluzioni porteranno a una inevitabile perdita di posti di lavoro". Lorenzo Zoli, segretario nazionale della Femca Cisl, lancia un monito: «L’attività in presenza deve rimanere un elemento imprescindibile». 

 

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